No, non ha senso parlare di vino etico

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Ho un tarlo che mi rode. È il post che ha messo su Facebook un giornalista trentino che stimo e che sta facendo molto per tenere vivo il dibattito sui vini della sua terra. È Tiziano Bianchi. Che scriveva così: “Domanda: ma un vino fermo di montagna, etico e sostenibile e naturale in quale fascia di prezzo potrebbe collocarsi, se si propone come etico?”

Il quesito mi ha fatto riflettere. Infatti l’etica, quand’è riferita a un prodotto, porta con sé il tema della responsabilità sociale d’impresa, che mi sta a cuore.

Per me l’impresa, dalla più insignificante alla più mastodontica (chi fa vino e lo vende fa attività d’impresa, anche fossero cento bottiglie), è un corpo sociale intermedio che genera o distrugge redditività societaria e reddito sociale. Insomma, un’impresa produce utile o perdite sotto il profilo economico e produce anche utilità o gravami su più soggetti.

I soggetti in questione, che vengono detti stakeholder o portatori di interesse, sono i dipendenti, i collaboratori, i fornitori, i finanziatori, gli azionisti, i clienti, le istituzioni, le comunità locali, le istituzioni. Su tutti costoro impatta l’attività dell’impresa, apportando beneficio e danno.

È misurabile questo reddito sociale o questo danno sociale? Certo che lo è, individuando dei parametri che possono andare dal consumo di energia alla distribuzione dei salari, dalla puntualità dei pagamenti all’utilizzo di risorse ambientali, dall’osservanza degli obblighi fiscali e previdenziali all’attenzione alla qualità della vita di chi abita vicino alle sedi produttive, dalla verifica del rispetto dei lavoratori da parte dei fornitori alla salubrità dei prodotti immessi sul mercato, eccetera.

Questo per me è ciò che misura l’eticità dell’impresa, e non è una misurazione né facile, né poco dispendiosa, in termini di tempo, di impegno e anche di investimento economico. Dunque, che si chieda quale quotazione possa avere un vino “che si propone come etico” è un quesito che mi mette in serio imbarazzo. Infatti, non penso accettabile che si definisca (e men che meno che si autodefinisca) etica un’attività d’impresa senza ampia trasparenza informativa sull’impatto che i processi produttivi e le decisioni imprenditoriali comportano in termini di ricadute sociali. Anche la scelta di una bottiglia o di un tappo ha delle ricadute sociali, anche il tipo di carta o di colla o di inchiostro per l’etichetta, anche il sistema di lavaggio. Tutto ha un impatto sociale. Misurabile. Perché tutto è misurabile e ogni misurazione è confrontabile con le misurazioni precedenti, in modo da verificare se i cambiamenti apportati alle pratiche produttive hanno determinato un miglioramento o un peggioramento in termini di impatto sociale.

Io credo in particolare – e l’ho già scritto qualche tempo fa – che l’attività dei vignaioli porti con sé fortissimi elementi di responsabilità sociale, e che su questo tema poco o pressoché nulla si sia riflettuto.

Ecco perché mi ha fatto molto pensare quel che ha chiesto Tiziano. E dico che no, non può l’eticità essere una componente del prezzo, perché la responsabilità sociale è connaturata all’impresa.

 


2 comments

  1. Tiziano Bianc hi

    Grazie Angelo per la citazione e per aver colto il senso della mia provocazione. In realtà, considero l’etica una cosa troppo seria (forse vittima dei miei studi filosofici) per poterla considerare come uno strumento di marketing che si riverbera artificiosamente in una componente immateriale nella formazione del prezzo finale. Soprattutto quando questo prezzo è chiaramente estraneo alla componente materiale dei costi. Perché, tanto per dirne una, si rischia di generare l’inganno un’etica elitaria che considero classista. Ma questa è, chiaramente, solo una delle obiezioni. Molto più pedestremente, mi pare volgare usare la suggestione etica per vendere una bottiglia in più (che alla fine è solo una “pica de ua” come dice sempre un nostro comune amico). Poi di tutto il resto si può discutere: ma l’etica, appunto, è una cosa seria, lasciamola ad Aristotele e a Kant.

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Totalmente d’accordo, Tiziano. E poi insosto: l’eticità non può riguardare un prodotto in sé, ma semmai un produttore o un’impresa intensa come corpo sociale intermedio.

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