Mezz’ora di Vinitaly costa 600 euro, ricordiamocelo

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Vorrei spiegare un po’ meglio perché per gli espositori di Vinitaly è necessario ottimizzare il tempo disponibile, mirando esclusivamente a sviluppare contatti commerciali. So benissimo che rischio di passare per cinico, per un insensibile cuore di pietra asservito al potere del mercato, ma alla fin fine si tratta di una questione di costo-contatto.

Lasciamo perdere per un attimo chi partecipa alle aree collettive. Guardiamo a chi ha il proprio stand. Condivido quanto scrive Laura Donadoni sul suo account Instagram: “Si calcola che l’investimento medio per uno stand indipendente tra affitto e allestimento sia intorno ai 20.000 euro“. Vero, è la corretta valutazione economica relativa ad uno stand aziendale medio-piccolo. Se lo stand è piccolino, dentro ai 20 mila euro ci stanno anche viaggio, vitto e alloggio. Altrimenti la cifra sale. Soprattutto se si deve portare del personale.

Prendiamo comunque per buono il riferimento ai 20 mila euro. Essendo i giorni di fiera quattro, ogni singola giornata di Vinitaly ha un costo di 5 mila euro. Essendo le ore di apertura al pubblico otto e mezza, vuol dire che per un espositore mezz’ora di Vinitaly ha un costo vivo di quasi 600 euro. Ora, io capisco che ci sia chi amerebbe andare a Vinitaly non già per lavoro, ma semplicemente per ritrovare qualche amico produttore, assaggiare i suoi vini e farci quattro chiacchiere per una mezz’oretta. Però se si occupa il suo stand per mezz’ora “per fare quattro chiacchiere”, e non già per sviluppare transazioni economiche, gli si procura un costo piuttosto elevato. Molto più elevato di quanto gli diamo noi acquistando di tanto in tanto qualche bottiglia del suo vino, ammesso e non concesso che la acquistiamo. Scommetto che sotto questa luce il Vinitaly lo si legge raramente. Se non lo avete mai letto così, è perché non avete mai fatto una valutazione economica della partecipazione a una fiera. Ma in una fiera B2B come si vuole che sia Vinitaly, le valutazioni “devono” essere economiche. Valutazioni diverse si fanno solo per le manifestazioni B2C, che però hanno costi molto più contenuti.

Questo credo che spieghi adeguatamente perché molti espositori preferiscono che cali il numero complessivo dei visitatori di Vinitaly, riservando sempre di più gli ingressi ad un pubblico di soli operatori. Il motivo è di una semplicità disarmante: partecipare a una fiera come Vinitaly ha un costo-contatto molto alto, e se il costo non si traduce in un investimento potenzialmente profittevole, significa buttare i soldi. Cosa che un’azienda non può permettersi di fare. Perché dobbiamo levarci dalla testa che chi fa vino lo faccia (solo) per amore o per poesia. Lo fa per viverci. Si tratta di un’attività economica, che prima di tutto deve dunque essere economicamente sostenibile.

Dicevo degli spazi collettivi. Certo, quelli hanno costi decisamente inferiori rispetto agli stand individuali. Ma offrono anche occasioni inferiori di relazione commerciale. Anche in quel caso, dunque, occupare il produttore con “quattro chiacchiere” può essere umanamente o socialmente gratificante per entrambi (l’amicizia è un gran bella cosa), ma gli si tolgono occasioni potenziali di business. Se infatti l’espositore ha a disposizione appena un metro lineare di banchetto o poco più, un operatore che trovi la postazione già occupata probabilmente tira dritto e si rivolge altrove, e il potenziale affare sfuma (perché anche per i buyer una fiera è un costo – se non altro in termini di tempo – che va trasformato in investimento). Dunque, anche in questo caso è meglio dedicare altre occasioni al saluto all’amico vignaiolo.

Ora, io capisco perfettamente che l’appassionato di vino abbia il desiderio e il piacere di parlare con il produttore, di incontrarlo, di ascoltare il suo racconto, di conoscerlo meglio. Capisco perfettamente anche che non siano frequenti le occasioni di avere a portata di mano una concentrazione così alta di produttori di vino come accade a Vinitaly. Ma i produttori vanno a una fiera per intrecciare relazioni commerciali. Le occasione per intrecciare relazioni umane sono altre. E credo che noi tutti che abbiamo a cuore il piacere e la cultura del vino dovremmo cercare queste altre occasioni, accettando che le poche fiere annuali B2B siano davvero fiere B2B. Loro, i produttori, col loro vino ci devono campare e mantenere la famiglia e i collaboratori.

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