Matassa 2016, il bianco della Catalogna francese

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Certi vini una volta bevuti in compagnia, ad un tavolo di degustazione, accendono la discussione, un po’ perché non sono piaciuti a tutti, un po’ perché se ne coglie il lato insolito e fondamentalmente si cerca di capire cosa vogliano dirci. Per quanto mi riguarda me ne sono stata in silenzio ad ascoltare il vino attendendo i suoi tempi giusti nel bicchiere.

Già il colore leggermente aranciato ne racconta il carattere non convenzionale e ben presto è emersa la conferma di una mano capace, che ha saputo lanciare la sfida e divertirsi allo stesso tempo. Lui è Tom Lubbe, neozelandese che ha scelto di ridare nuova vitalità al piccolo villaggio di Calce, nella zona del Roussillon nel sud della Francia. Ha iniziato giovanissimo a produrre vino nel Sudafrica, territorio ricco, che offre grandi opportunità, ma che stava stretto negli anni Novanta alla sua idea di vino agile e poco alcolico.

Viaggiando nei paesi del vino in Europa è arrivata la decisione di fermarsi nella Catalogna francese per assecondare la propria idea ostinata di vino che gli ha poi dato pienamente ragione. L’incontro con Gerad Gauby, del Domaine Gauby, è stato fulminante ed ancora di più quello con sua sorella che accende la scintilla magica dell’amore scegliendo di sposarla.

È a Calce dal 2011, una zona di confine, a cavallo tra la cultura francese e quella spagnola, che si proietta in maniera unica e molto interessante sul carattere dei suoi vini. Hanno un timbro mediterraneo, almeno nei profumi, ben distante dagli altri territori francesi più noti, mentre all’assaggio ricordano latitudini nordiche per il sorso sottile e il basso grado alcolico che va dai 9° agli 11°. Tom è diventato così protagonista della scena vitivinicola del sud della Francia con la sua interpretazione di Matassa, recuperando l’identità vitivinicola di questo areale.

Lavora in biologico e biodinamico le vecchie vigne che vanno dai quindici ad oltre cento anni nella tipica forma del gobelet, quello che noi chiamiamo alberello. E qui è suggestivo soffermarsi a pensare come sia stato lungo nel tempo e nei luoghi il viaggio della cultura enologica che parte dalla zona del Caucaso in forma di alberello, trova ampia diffusine nel Mediterraneo con la nobile civiltà greca che fa del vino un mito, fino a raggiungere le zone del centro Europa con i romani che invece ne furono abili imprenditori.

L’intero contesto è unico ed affascinante, a ridosso dei Pirenei dove il suolo granitico è composto da scisto verticale che qui prende il nome di “matassa” e imprime al grenache gris e al macabeu una certa eleganza e comunque una personalità unica e decisa. Sono le varietà del Matassa blanc 2016, presenti la prima al 70%, l’altra al 30%.

Al naso fa pensare ad un agrume un po’dolce nei profumi come il pompelmo rosa, è brezza di mare, poi torba, salvia, ribes bianco, ma anche mela cotogna. Si mostra complesso e seducente sia nei profumi che all’assaggio, sapido, ritmato, spinto nella freschezza mai invasiva, a tratti morbido, riporta la torba e il pompelmo rosa.

Alla fine, a quel tavolo di degustazione, le uniche ad essere rimaste lungamente in silenzio siamo state le due che hanno profondamente apprezzato questa etichetta e chi le ha dato vita con tanto coraggio.


2 comments

  1. Guglielmo

    Quando ho assaggiato per la prima volta il Matassa blanc, cinque o sei anni fa, mi aveva colpito favorevolmente. Un paio di anni dopo mi era sembrato un altro vino, meno interessante. Ora é un po’ che non lo riprovo e forse é il caso di riassaggiarlo. Lubbe ha indubbio talento, ma mi lascia perplesso questa fuga dalle AOC, paradossale nei vini che più vorrebbero esprimere il terroir da cui provengono: etichettarli Vin de France….

  2. Marina Acino Ebbro

    Marina Acino Ebbro

    Caro Guglielmo, credo sia proprio da assaggiare l’annata 2016. Per quanto riguarda l’uscita dalla denominaxione aoc è sicuramente dovuta alla necessitá del produttore di sentirsu più libero di esprimersi, non è affatto criticabile ne’ pregiudica la coerenza al territorio.

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