Le de.co. del vino sono illegittime

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Oh, là, finalmente qualcuno l’ha messo nero su bianco: le cosiddette de.co., sigla che sta per “denominazione comunale”, sono “palesemente illegittime”, almeno per quel che riguarda il vino.  A scriverlo è Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc. Il quale ha interessato sulla materia l’Icqrf, acronimo dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi, e altri enti.
Pietra dello scandalo è l’annunciata presentazione, il primo di ottobre prossimo, della de.co. marchigiana del Vino di Cupramontana, che nei lanci di queste settimane è stata spesso citata anche come Verdicchio di Cupramontana.
Il comunicato di annuncio della de.co. (che ho ricevuto) dice così: “Per il Verdicchio locale la nascita della De.Co. Vino di Cupramontana è, da un lato, un ritorno alle origini e, dall’altro, un percorso rivolto al futuro, che mira a valorizzare pienamente questa produzione tipica in un mercato sempre più alla ricerca di vini autoctoni di elevata qualità”. Insomma, un po’ Vino, un po’ Verdicchio. Nella sostanza, par di capire che l’amministrazione di quel comune marchigiano vorrebbe che il Verdicchio prodotto nel suo territorio potesse recare il marchio della denominazione comunale, e ci ha fatto anche uno specifico disciplinare, il quale tuttavia mi pare vago, dicendo che (è l’articolo 2) “il vino a marchio denominazione comunale Cupramontana può essere ottenuto da varietà di uve bianche e uve rosse autoctone marchigiane”.
Di fatto, secondo Federdoc un simile prodotto sarebbe “sostanzialmente un vino da tavola e, come tale, non dovrebbe poter utilizzare indicazioni geografiche”. Sono d’accordo.
Il comunicato di lancio della de.co. mi pare voglia un po’ mettere le mani avanti: “La de.co. – dice – non nasce per sostituirsi o porsi in contrapposizione alla Denominazione di origine Verdicchio dei Castelli di Jesi, ma vuole essere una garanzia per chi cerca il nostro vino più rappresentativo, conoscendo il valore aggiunto di questo territorio e della sua produzione. Ogni bottiglia prodotta a Cupramontana vestirà quindi un collarino identificativo con il marchio del nostro Comune”. Ma ecco, è quel termine, “garanzia”, che non va. Nel disciplinare pubblicato dal Comune non c’è nessun riferimento a chi quella “garanzia” la dovrebbe certificare, Né credo ci potrebbe essere, non essendovi norme di legge in materia. E non può evidentemente essere il sindaco o l’amministrazione comunale a farsi “garante” di un vino, della sua origine e della sua originalità.
Sono dunque d’accordo con Federdoc quando dice che quello delle de.co “è un problema che va assolutamente affrontato e risolto prima che possa provocare danni gravi all’intero sistema vino”. E mica solo al sistema vino, aggiungo, bensì per tutti gli altri prodotti agroalimentari per i quali esistano già specifiche previsioni di legge. Perché sulle de.co. non c’è certificazione, non ci sono controlli, non c’è reale tracciabilità. Non può essere, dico io.
Ordunque, adesso Federdoc ha provveduto all’invio dell’atto di diffida nei confronti del Comune di Cupramontana, sollecitando le autorità preposte a intervenire per impedire, dice Ricci Curbastro, “che il caso della de.co. in questione possa costituire un pericoloso precedente”.
Condivido, e questo anche a prescindere da due considerazioni.
La prima è che sono certo anch’io che il Verdicchio fatto a Cupramontana possa avere un plus di territorialità considerevole. Ma per evidenziarlo sulle bottiglie, questo plus territoriale, c’è semmai una strada da percorrere, ed è quella di rivendicare una specifica sottozona dentro la denominazione di origine. Strada percorribile, anche se ardua.
La seconda considerazione è che sono sempre stato in favore delle appellation comunali francesi, che costituiscono sovente dei veri e propri cru (ho sempre in mente in caso del Beaujolais, senza scomodare Bordeaux o la Borgogna). Però queste esistono all’interno di un quadro normativo e di controllo che offre certezze a tutti. Ai consumatori e agli stessi produttori. Con tutto il rispetto per i signori sindaci, non possono essere loro i garanti né degli uni, né degli altri.