L’austerità del Lavaux Saint-Jacques di Maume

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Maume è stata una delle cantine più sottostimate dell’intera Borgogna. Era capace di passare dal sublime al mediocre nello spazio di pochi vini. Alcune vigne erano vecchissime, prive di trattamenti e con cloni poco produttivi. Anche il semplice Bourgogne poteva diventare un grande vino nelle annate giuste.

Ne parlo al passato perché il Domaine è stato venduto. Ho avuto la fortuna di acquistare un bel numero di bottiglie poco prima che la proprietà fosse venduta, se l’avessi saputo avrei investito qualche altro soldino.

La maggior parte dei vigneti si trovava all’interno dell’area di Gevrey-Chambertin, con alcuni premier e grand cru di classe sublime. Anche l’uso del legno non è mai stato eccessivo, forse più per mancanza di fondi che per scelta. Cosa che ha prodotto dei vini di una purezza eguagliata da pochissimi altri. Una dimostrazione ce la dà questo premier cru, il Lavaux Saint-Jacques, che da molti è considerato alla pari di un grand cru. Il suolo è tipicamente roccioso argilo-calcareo. L’esposizione è a sud, ma sono i freddi venti che entrano da ovest a dare una forte connotazione al cru. La maturazione è più lenta e i vini hanno un profilo più austero rispetto ai climat circostanti.

Annata particolarmente riuscita, la 2005 riesce a conservare la proverbiale finezza del cru, affiancandola a una grande maturità del frutto. L’architettura del vino è quella di una cattedrale gotica, elegante ed imperiosa al tempo stesso, decisa e gentile. Molto nervoso e scattante, risulta ancora giovane, credo che altri cinquanta anni di cantina non lo spaventino per nulla. Oggi dominano le note di spezie dolci, le erbe alpine, un frutto solare che non diventa mai confettura. Particolari gli aromi di paprika dolce e di fava tonka del finale. Grande tenuta nel tempo, si può bere o tenere ancora a lungo.

Gevrey-Chambertin 1er Cru Lavaux Saint-Jacques 2005 Maume
(96/100)