La vogliamo piantare coi pregiudizi sul novello?

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Arrivo sempre tardi, non sto “sulla notizia”. Preferisco pensarci sopra alle cose, perché tanto di gente che le scrive di getto sui social ce n’è già un sacco. Però adesso lo dico, Stephen McConnell ha ragione, santo cielo se ha ragione. Sul nouveau, ossia sul novello.

Stephen McConnell è un wine writer americano, è una persona di grande simpatia e ironia (e le due cose vanno spesso assieme), ha un blog che si chiama Wine1percent e ha un gusto per il vino che condivido completamente, perché gli piacciono i vini che si fanno bere e che, insieme, esprimono appieno il loro territorio, e io sono d’accordo che la bevibilità e la profonda territorialità costituiscono gli elementi essenziali di un buon vino.

Di recente ha scritto un pezzo sul Beaujolais Nouveau, e cioè sul novello, quello francese, e ha scritto una cosa che, guarda caso, mi vede in assoluta, totale sintonia. Ossia che un buon nouveau – un buon novello, e ce n’erano e ancora qualcuno ce n’è, nonostante tutto – bisogna non avere fretta di berlo, perché, come ogni vino che si rispetti – e certi nouveau, certi novelli, meritano rispetto – ha bisogno di tempo. “La mia teoria riguardo al nouveau – ha raccontato – è di comprarlo quando arriva, aspettare a goderselo partendo da aprile o da maggio – dopo che ha avuto un po’ di tempo per sistemarsi – metterlo in un po’ di ghiaccio durante l’estate, e poi trovare la scusa per berselo quando ha un anno. Secondo me, questa è la finestra di tempo perfetta per un nouveau”.

Cavolo se sono d’accordo. A me i novelli piacciono, se sono fatti con le uve giuste – e le uve giuste da novello sono poche, pochissime – e se vengono ottenuti al cento per cento con la pratica della macerazione carbonica, e in genere appena escono me ne bevo una bottiglia con le caldarroste o col baccalà alla vicentina o col fritto di pesciolini (sissignori, ecco i miei tre abbinamenti), ma dei migliori me ne metto da parte una bottiglia per stapparla intorno a Pasqua, e anche oltre. E se sono davvero ben fatti – vedi sopra cosa intendo – dopo un anno rendono davvero alla grande, e anche oltre.

Qualcuno dice “ma non è vino”, e sono d’accordo che tante di quelle bottiglie che avevano scritto in etichetta “novello” ed erano invece parziali ringiovanimenti di fondi di cantina non si sarebbero nemmeno dovuti chiamare vini, ma – ripeto e sottolineo – qualcosa di buono e di molto buono c’è. Solo che per fare un novello o un nouveau invece delle “solite” modalità di vinificazione si adopera la macerazione carbonica sul grappolo intero, raspo compreso. Lo si capisce cosa vuol dire questo dettaglio, vero? Vuol dire che per fare un buon nouveau devi avere dell’uva matura e sanissima, perché altrimenti la lavorazione a grappolo intero non perdona. Ordunque, se le cose stanno così – e per i novelli “seri” stanno così – la vogliamo piantare coi pregiudizi? E vogliamo considerarli vini – come dire – un po’ diversi, che però hanno anche loro l’esigenza di prendersi il tempo giusto? Basta coi pregiudizi, per favore, basta.


3 comments

  1. Dario

    Perfettamente d’accordo. Personalmente, Il problema che riscontro è quello di non trovare facilmente vini novelli buoni e questo perché è difficile farli (partire da uva matura sanissima) e spesso sono solo parziali ringiovanimenti di fondi di cantina, come hai sottolineato tu.
    Alla fine, come tutte le tipologie di vino, tutto dipende dall’obiettivo enologico che si vuole raggiungere e quindi se puntare ad un buon prodotto o ad uno meno buono.

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Grazie, Dario.

  3. Lanegano

    Dispostissimo a provare: un consiglio per gli acquisti così da andare sul sicuro ?

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