La regalia vendemmiale del ròs in un quadro del Mart

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Non ci avevo fatto caso nelle mie visite precedenti, ma stavolta, nelle sale della collezione permanente del Mart di Rovereto, sono rimasto imbambolato davanti al quadro della Vendemmiatrice (è un olio su tela) dipinto nel 1932 da Pompeo Borra. Tiene, la fanciulla, un bastone e un mazzo di grappoli. Ecco, è un’immagine che mi ha fatto improvvisamente tornare alla vendemmia d’un tempo, di mezzo secolo fa, quando, bambino, andavo dai miei nonni sulla Rocca di Bardolino.

Quei grappoli intrecciati là sulla Rocca li chiamavano il ròs. Era uno dei riti profani dei giorni della vendemmia, ne ho accennato nel mio libro sul Bardolino che uscì anni fa per Morganti.

Il ròs era una sorta di mazzo di tralci e di grappoli. Si sceglievano tre o quattro tralci carichi d’uva, si tagliavano della stessa lunghezza e si univano con del fil di ferro, che veniva piegato a mo’ di maniglia.

Non c’era vendemmiatore che non ricevesse in dono il proprio ròs. Gli spettava sia che avesse lavorato un giorno, sia che fosse stato impiegato per tutta la vendemmia. Perché allora si poteva andare a tirar giù l’uva anche solo per stare un po’ in compagnia. Non servivano voucher o permessi burocratici, non c’erano elicotteri che sorvolavano i vigneti per colpire i trasgressori agli obblighi contributivi.

Era una festa, la vendemmia, e la regalia del ròs era una sorta di rituale propiziatorio.

L’ho ritrovato, quel rito, in un quadro esposto al Mart di Rovereto. Un bellissimo quadro. Bellissimo anche per le sua forza evocatrice. Almeno per me.


1 comment

  1. carlo

    Anche la mia mamma lo ricorda sempre, questa cosa del Ros!

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