La meraviglia del Prosecco che invecchia

primo_franco_vr_240

Primo Franco è un capace affabulatore. Ti racconta le storie del vino e tu stai lì ad ascoltarle a bocc’aperta e quando smette ti dispiace e vorresti che andasse avanti ancora a narrare. Primo Franco fa vino a Valdobbiadene, e quando dici che fa vino a Valdobbiadene è evidente che fa Prosecco. Primo Franco non ci pensava neanche di fare il vino, ma poi ci si è visto costretto dagli eventi, tragici, quando il padre morì d’improvviso, e le vigne erano pronte per essere vendemmiate. Primo Franco è uno di quelli che hanno fatto la rivoluzione del vino italiano nei primi anni Ottanta, e farla a Valdobbiadene ci voleva ancora più coraggio che altrove.
Oggi Primo Franco ha sessantott’anni, e rappresenta la terza generazione di una famiglia che lavora nel vino. In origine erano commercianti. Là a Valdobbiadene c’era il fronte, durante la prima guerra mondiale. Il nonno lasciò il paese e quando tornò trovò tutto distrutto. Ricominciò da capo, dove adesso c’è la cantina della Nino Franco. Il vino che commerciava veniva dal Trevigiano, ma anche dal Veronese. In damigiane. Per le feste il nonno faceva lo scambio col conte Rizzardi, a Negrar: una damigiana di Cartizze in cambio di una damigiana di Recioto. Il padre ampliò l’attività. Poi toccò a lui. “La mia è la generazione che ha ribaltato il concetto di vino, da fonte di calorie a edonismo”, dice.
Qualche sera fa Primo Franco era a Verona, al ristorante Maffei, ospite della delegazione dell’Ais, l’Associazione italiana sommelier. Nei bicchieri una verticale del Prosecco di Valdobbiadene che porta il suo nome, il Primo Franco, appunto. Il Prosecco della rivoluzione. Fu rivoluzionario, quel vino, perché era dry, e dunque morbido, ed era perfino millesimato. Quando uscì lo guardavano storto da quelle parti: “Chisà se ghe a farà” mormoravano, scettici. Credevano che non ce l’avrebbe fatta, ma lui ce l’ha fatta.
Avevo già vissuto la bella esperienza di avere nel bicchiere una verticale del Prosecco di Valdobbiadene di Primo Franco. Stavolta ho avuto una conferma: è un vino che col tempo cresce e si fa complesso e si fa talvolta elegantissimo e rompe ogni pregiudizio e schema.
Ecco qualche nota sui vini tastati a Verona.
Valdobbiadane Prosecco Superiore Primo Franco 2014 Nino Franco
Ve lo ricordate il 2014? “Acqua, acqua, acqua, qualche volta tempesta”, ha detto Primo Franco. Annata balorda. Nella quale però “i grandi luoghi poi rispondono meglio”, ma ancora non è abbastanza: “Poi si è vista la mano del viticoltore. Poi la mano di chi lavora in cantina da tanto”. Il risultato è un vino nel quale i singoli disequilibri diventano, insieme, convincente equilibrio. Ci si può scommettere.
Valdobbiadane Prosecco Superiore Primo Franco 2013 Nino Franco
Dice lui: “È stata l’annata ideale. Inverno secco, primavera umida, poi caldo di giorno e freddo di notte”. Dico io che questo 2013 ha la croccantezza di frutto che mi aspetto dal Prosecco d’eccellenza. Ha poi i fiori gialli e una traccia di nocciola e agrumi e insomma, bando ai descrittori: ha gran complessità. Lo definisco elegante e poi essenziale e poi scattante e, perbacco, ancora giovinetto.
Prosecco di Valdobbiadene Primo Franco 2003 Nino Franco
Ora si renda omaggio a un capolavoro. La prova provata di quel che s’è detto del 2014: se la vigna è di quelle giuste, se c’è capacità di lavorarla, se c’è sapienza di cantiniere, l’annata sghemba la domi. Questa fu l’annata del caldo africano. Eppure questo Prosecco è uno dei più buoni vini con le bolle che io abbia mai bevuto in Italia. Ha una profondità e una ricchezza che fanno gridare al miracolo.
Prosecco di Valdobbiadene Primo Franco 2000 Nino Franco
Opperbacco, la bottiglia non era felicissima. Peccato, perché lo ricordavo di bell’interesse questo 2000, e in effetti quel che si trovava nel bicchiere lo faceva un po’ intuire anche stavolta: una bolla esilissima, che rende appena cremoso il sorso, esattamente come m’era rimasta in testa, appena petillant. “È stata un’annata molto normale” ha detto Primo Franco.
Prosecco di Valdobbiadene 1997 Nino Franco
I miei appunti della sera qui dicono: cavolo, che vino! Ci ho trovato gl’idrocarburi (sissignori, quei sentori che esaltano chi ama i bianchi germanici) e la frutta secca, e il miele di castagno, e il caffè in polvere, e i fiori di camomilla, e insomma un’altra esplicitazione di quanto può arrivare ad essere articolato un Prosecco. Mi sono scritto: vino di grande nobiltà, austero.
Prosecco di Valdobbiadene 1992 Nino Franco
Eggià, un 1992. Un Prosecco del 1992. L’avreste mai pensato? Giallo dorato nel colore. Eppoi al naso, oh, che bellezza. La buccia d’arancia candita, il mandarino, il tè pregiato, i frutti tropicali, le noci, perfino i fruttini di bosco. Mi sono segnato queste parole: sapido, salatissimo, ghiotto, ghiottissimo. Quel che più mi ha impressionato è stato il sale, e anche la persistenza incredibile.

In questo articolo