La svolta bio del vino francese

tete_legere_240

La Francia ha svoltato decisamente verso il vino bio. Il biologico, il biodinamico, il naturale nella sue varie accezioni. Lo ha fatto con un editoriale, quello di Denis Saverot, il direttore del mensile La Revue du Vin de France. “Le vin biologique – scrive – est l’avenir du vin”. Credo non ci sia bisogno di traduzione.
“Com’è che l’essenziale del vigneto ha potuto essere rifiutato per così tanto tempo?” si chiede Saverot. “Si rimane senza parole – dice – davanti agli errori accumulati negli anni ’60, ’70 e ’80. Una cecità collettiva. Per produrre di più e dormire tranquilli, molti produttori si sono messi a piantare cloni ultra produttivi, coltivati a gran colpi di trattamenti chimici. E la maggior parte dei critici, e gli stessi consumatori, non hanno visto niente, o hanno visto poco”.
D’accordo, c’era chi comunque seguiva vie diverse, più “pulite”. Ma non era facile avvicinare quei vini. “Nel frattempo, tuttavia – dice infatti il direttore della Revue – il bio ha patito delle debolezze croniche in materia di gusto del vino. Coltivare la vigna e vinificare senza trattamenti di sintesi non si improvvisa. All’inizio della riconquista, parecchi vini bio si sono rivelati catastrofici in bocca. Ricordo certe note di animali, de certi aromi di pollaio, di uovo marcio… La Revue du Vin de France ha contato tra le proprie fila degli oppositori feroci verso questi vini che venivano giudicati devianti. Mentre assaggiavamo un bianco ultra ossidato dalla veste offuscata, usavamo dire: ‘Ma vogliamo negare duemila anni di esperienza vinicola per queste cose qui?'”
Poi però le cose sono gradualmente – direi anche rapidamente – cambiate. “E poi – racconta Saverot -, la ruota del tempo è girata. Si sono realizzati dei progressi considerevoli, le aziende più realiste hanno optato per una transizione dolce, dapprima con la lotta integrata, poi con la conversione al biologico ovvero al biodinamico. Questa maturazione, tuttora in corso, prenderà una generazione per realizzarsi. Tutto è lungo nella vigna, la padronanza dei valori bio, i cambiamenti di metodo, il necessario adattamento degli impianti, tutto questo chiede tempo. Oggi, siamo meravigliati della qualità della qualità del lavoro compiuto”.
La citazione è lunghissima, ma credo valga la pena leggerla, e anche meditarla magari. Comunque, la discesa in campo mi pare di quelle significative, e anche l’ammissione degli errori di valutazione del passato.
Il bio-qualcosa, insomma, oggi è di tendenza in Francia, e anche la rivista cardine del panorama enoico transalpino lo diche chiaro e tondo. Ora alla critica francese piacciono “i vini che lasciano, l’indomani, la testa leggera”. Vini che non fanno venire il mal di testa al bevitore.
Siamo alla svolta.