La bella favola del Grecomusc’

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I contadini lo sapevano che quell’uva era un greco che era diverso dal solito greco. Perché quando era matura diventava più morbida di quanto non fosse quell’altro greco. Per questo la chiamavano grecomusc’. Se ne trovava qualche ceppo sparso qui e là, nei vecchi vigneti. Finiva per essere vinificato col greco di Tufo. Ma se ne trovava sempre meno, di quell’uva, destinata probabilmente alla scomparsa.
Poi arrivarono dei vignaioli rossisti. I Lonardo. Gente che faceva e fa vino rosso a Taurasi. Rossi possenti ed eleganti. Mai fatto bianchi. Però pensavano di averne almeno uno, di bianchi. Allora si sono domandati se non fosse stato il caso di provare proprio col grecomusc’. Dai contadini della zona cominciano a comprare le uve del grecomusc’ e a vinificarle. Non hanno esperienza coi bianchi, certo, ma non è un limite, perché in fondo nessuno lo ha mai vinificato da solo quel greco strano. Così sperimentano. “Siccome non sappiamo come si lavora il bianco, ogni anno ci inventiamo qualcosa di diverso”, mi racconta Antonella Lonardo.
Le sperimentazioni funzionano. Così i contadini cominciano a reimpiantarlo, il grecomusc’. Una biodiversità è salva, là in Irpinia.
Basterebbe questo per adorarlo, il Grecomusc’ delle Cantine Lonardo, che usano anche il marchio Contrade di Taurasi. Piccola realtà famigliare, la loro, con pochi ettari di vigna. Fanno una manciata di rossi di Taurasi e il Gremomusc’, appunto, neanche venticinquemila bottiglie in tutto.
Il vino, il Grecomusc’, esce come igt della Campania. È affilatissimo e fresco e perfino piccante e ha ricordi di pepe bianco, direi, e accenni sulfurei. Buono. Molto.
Campania Bianco Grecomusc’ 2013 Cantine Lonardo Contrade di Taurasi
Tre lieti faccini 🙂 🙂 🙂