Il Prosecco ci arriva o no al miliardo?

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A molti è sembrata una marcia indietro. Quella di Gianluca Bisol riguardo alla sua profezia del miliardo di bottiglie di Prosecco. L’aveva già sostenuto nel 2011 al Wine Future di Hong Kong che “entro 25 anni, la richiesta di mercato del Prosecco supererà il miliardo di bottiglie”. Poi l’ha ribadito verso la fine del 2015, affermando che “entro i prossimi quindici anni la domanda di Prosecco nel mondo sarà di circa un miliardo di bottiglie”. Ma a Santa Lucia di Piave, in piena patria prosecchista, al dibattito organizzato da Davide Paolini nell’ambito di Gourmandia, Bisol ha tirato il freno: “Oggi, con i prezzi attuali, questo obiettivo non è realizzabile”.
Bene, incassiamo questa nuova posizione sull’irraggiungibilità – ai “prezzi attuali” – dell’obiettivo profetizzato. Ma per parte mia non posso che evidenziare come delineare simili ipotesi mi sembri quanto meno irrealistico, ché sono troppi i fattori a entrare in gioco. Se solo dieci anni fa poteva sembrare pura fantascienza che il Prosecco raggiungesse i numeri d’oggidì, com’è possibile indicare quale sarà la produzione di qui a un’altra decade?
E poi l’ha detto anche Stefano Zanette, presidente del Consorzio di tutela della doc del Prosecco, che fare dichiarazioni del genere può essere perfino rischioso, perché – parole sue – può “innalzare tensioni inopportune all’interno del nostro mondo”. Zanette è stato chiaro: “Parlare di un miliardo di bottiglie significa che occorre piantare molti ettari in più. Non si possono fare previsioni a così lungo termine. Noi dobbiamo pensare di gestire le denominazioni”. Ma “parlare di numeri non giova a chi deve prendere le decisioni”. Certo, il Prosecco può crescere ancora, “ma dobbiamo farlo in modo ragionato”, ha sottolineato il presidente della maxi denominazione veneto-friulana. D’accordo, dico io.
Che poi anche i vignaioli, quelli indipendenti della Fivi, sono contrari allo sviluppo frenetico. “Bisogna pensare a una crescita sostenibile, e una crescita a un miliardo di bottiglie non lo è”, ha sostenuto la presidente della federazione dei vigneron italiani, Matilde Poggi. Fare più Prosecco significherebbe piantare più vigne, e si tratterebbe di vigne di glera tutte messe giù in pianura, perché in collina di terra disponibile non ce n’è più. “Se pensiamo di trasformare la pianura in una monocoltura varietale – ha ribadito Matilde Poggi -, si avrebbe un impatto spaventoso”.
Intanto il Prosecco vola. Il potenziale attuale, nelle sue tre denominazioni, è già intorno al mezzo miliardo di bottiglie, e il valore della produzione lorda vendibile è nell’ordine dei 20 mila euro all’ettaro, come per l’Amarone e quasi nessun altro vino in Italia.

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