Il menù non è la lista della spesa

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Non ne posso francamente più di questi menù che somigliano a delle liste della spesa. Ci sono piatti che ci vogliono quattro o cinque righe di testo a descriverli: filettino cotto a bassa temperatura di triglia di scoglio della Riviera Ligure di Ponente pescata all’amo servito su un guazzetto di cozze pelose della costa ionica del Salento, con salicornia ed erba ostrica e tortino di agretti saltati con alici di menaica del presidio di Slow Food. Ecchecavolo! Scrivere semplicemente triglia con guazzetto di cozze no, vero?
Ti portano queste liste dalle descrizioni infinite, che somigliano a dei romanzi d’appendice a sfondo agroalimentare, e ti ci perdi e alla fine non ti viene neanche voglia di mangiar niente, perché sei sazio già di tutte quelle parole e poi sei ancora a metà lettura che il cameriere viene (garbatamente) a chiederti se hai scelto a ti verrebbe la voglia di rispondere che sei ancora alla prefazione, che ripassasse fra un’oretta.
Per favore, ristoratori, cuochi, chef: scrivete di meno! Fateci respirare, a noi clienti.