Grégoire Hoppenot, dovete segnarvi questo nome

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Grégoire Hoppenot. Segnatevi questo nuovo nome, se siete bevitori di vini rossi eleganti, e se invece siete importatori di vino, affrettatevi a mettere le sue etichette a listino, prima che lo faccia qualcun altro: in Italia non mi risulta che ce l’abbia ancora nessuno in portafoglio.

Grégoire Hoppenot è un “nuovo” vignaiolo del Beaujolais ed è già straordinariamente bravo. Se è così adesso, non oso neppure pensare dove potrà arrivare. Certamente continuerò ad acquistare i suoi vini. Non posso più pensare a quel territorio senza averli a mente. Il primo acquisto l’ho fatto andando da lui, in località Les Roches, un crocchio di quattro case fuori Fleurie, un dosso da cui si gode una vista mozzafiato sui cru della zona, col vento che ti sferza la pelle. Di un suo vino avevo letto una bella recensione sulla Revue du Vin de France e un’altra del giornalista belga Hervé Lalau (che stimo molto) su Les 5 du Vin. Per questo l’avevo messo tra le possibili tappe di una mia recente visita nella zona. Poi, quando sono stato da quelle parti, me ne hanno parlato di nuovo molto bene ristoratori e vignaioli. Come potevo non passarci? Be’, sono felicissimo di essere andato.

La cantina è piccina, gli appezzamenti di vigna sono cinque. Quattro sono a Fleurie, nei climat Les Garants (quattro parcelline nel pieno di quello che è l’archetipo della denominazione, poche spanne di polvere di granito rosa e quarzo, vigne da venticinque a sessant’anni), Les Moriers (sabbia granitica sulla sommità, argilla crescente man mano che si scende, ceppi da trentacinque e novant’anni), Poncié (a Clos de l’Amandier, misto di sabbia rosa e argilla, vigne abbastanza giovani, tra i quindici e i trent’anni d’età) e Les Roches (alcune parcelle in fase di riorganizzazione e reimpianto, piante da tre a cinquant’anni, la zona più bassa viene tenuta inerbita perché il suolo è più profondo e bisogna limitare il vigore della vigna). Un altro vigneto è poi a Morgon, il Corcelette, un muro di coccia, di granito, e terra pochissima sopra al pietrame, con piante di venti-trent’anni.

Il vignaiolo lo fa da pochi anni, credo che le sue prime etichette siano quelle del 2018, e il fatto che in così poco tempo si sia già guadagnato la stima del territorio, oltre che della critica, è un elemento che sottolinea il suo valore. In precedenza lavorava per un négociant piuttosto importante e per lui girava in lungo e in largo alcune delle aree storiche della viticoltura francese. “Viaggiavo per il Beaujolais da molti anni – racconta – e questo mi ha fatto capire l’importanza fondamentale dei grandi terroir della zona”. Finché ha buttato il cuore oltre l’ostacolo e ha cominciato a coltivare la vigna e fare vino in proprio. Scegliendo le terre con attenzione. “Gli immobiliaristi dicono che per determinare il valore di una proprietà, quel che conta è la sua posizione. Vale lo stesso per un vino, il luogo d’origine è fondamentale” sostiene. Si dice convinto che per conservare e porre in evidenza nel vino il carattere di ciascuna di queste diverse “origini” sia importante lavorare a grappolo intero, senza controllo termico, adattandosi ai ritmi di ciascuna cuvée, che variano a seconda delle prerogative della sua parcella di provenienza e dell’esito dell’annata. “Voglio cercare l’espressione più fedele dei nostri terroir” afferma.

Ora è il momento di dire dei vini che ho assaggiato, nell’ordine nel quale li ho avuti nel calice. Confesso che, più che assaggiarli, li ho bevuti. Perché mi piacevano parecchio.

Fleurie Origines 2019. Assemblaggio proveniente da tre diversi climat. Si presenta con frutto succoso e a tratti quasi esplosivo, comunque sempre giocoso. Floreale, anche. Un finale sottile di mandorla. Mi permetto di annotare che a mio avviso è un vino da bere in maniera spensierata. In cantina viene 11,50 euro. (88/100)

Fleurie Indigène 2019. In questo caso si assemblano i vini dei lieu-dits Les Roches e Les Garants. E ne esce un gioiellino. Mamma mia, che bellezza di piccoli frutti che scrocchiano in bocca. La freschezza vibrante sospinge il sorso, a lungo e a lungo. Un rosso dinamico che urla la voglia di stare sulla tavola. Costa 15 euro. (93/100)

Morgon Corcelette 2019. Come dire, è un Morgon che sa molto di Morgon, e dunque è più introverso dei due vini precedenti, e soprattutto più energico, più tannico anche, con frutto più compatto, eppure innervato da un’acidità che conferisce dinamicità ed eleganza. Molto buono, merita l’attesa. (92/100)

Fleurie Clos de l’Amandier 2019. Ecco, questo è uno di quei rossi per i quali uso l’aggettivo “classico”. È quel che “classicamente” mi aspetto da un grande Fleurie. Attenzione, ho detto “grande”, e lo ripeto per via di quel frutto cesellato e di quei fiori aggraziati. Viene da meno di un ettaro di vigne vicino al paese, costa 17 euro. (95/100)

Fleurie Les Moriers 2019. L’altro volto di Fleurie, quello che ha una maggiore struttura, anche sotto il profilo della tannicità, e non a caso la vigna guarda Moulin à Vent, che è a meno di un chilometro. Eppure di Fleurie conserva la grazia floreale. Qui è soprattutto il naso, per ora, a gridare la bellezza. Chiede l’attesa. Viene 17 euro. (90/100)

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