Il Greco e il Fiano, la degustazione a Cap’alice

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Cap’alice è un’eno-osteria napoletana e l’oste è Mario Lombardi. La cucina, ed ogni attività, sono di complemento al protagonista principale che qui è il vino. Il nome può suonare strano, deriva da un detto napoletano “meglio capa (testa) di alice che coda di cefalo” – meglio essere a capo di qualcosa di piccolo che parte insignificante di qualcosa di più grosso.
Questo è il quarto anno che qui curo un calendario di incontri con produttori italiani che periodicamente ospitiamo con i loro vini, quasi sempre proposti in degustazione verticale. Poi Luca De Castris, il giovane chef, per l’occasione prepara i suoi piatti in abbinamento ai vini della serata.
Giovedì 10 novembre abbiamo inaugurato il quarto ciclo di eno incontri con i Greco di Tufo Bambinuto  2014, 2013, 2012 e Fiano di Avellino Vigna della Congregazione di Villa Diamante 2013, 2010, 2009.
A raccontare le storie delle vigne e dei vini sono state Marilena Aufiero dell’azienda Bambinuto e Diamante Reina Gaita di Villa Diamante. Entrambe si sono ritrovate a dover guidare la cantina di famiglia senza volerlo, e strada facendo il desiderio di fare sempre meglio è stato crescente e vincente.
Bambinuto, Greco di Tufo
La degustazione è partita con il Greco di Tufo e Marilena ne produce 20.000 bottiglie a Santa Paolina, una delle zone storiche più vocate. È un bianco irpino di temperamento esuberante, imprevedibile nelle evoluzioni del tempo che sa cavalcare con fierezza. La mineralità è una delle caratteristiche costanti, così come l’acidità spiccata. Esce dalla cantina non prima di due anni dalla vendemmia, la resa delle uve è molto bassa ed in fermentazione si utilizzano lieviti selezionati in vigna e poi utilizzati con il metodo pied de cuve. Proprio alla selezione dei lieviti e all’utilizzo di questi in fermentazione Marilena sta dedicando un approfondito lavoro di ricerca avvalendosi della consulenza del genetista Giancarlo Moschetti in collaborazione con l’enologo Vincenzo Mercurio. La tecnologia specializzata al territorio di produzione ha portato in questi vini una qualità altissima e grande capacità di coinvolgere.
La 2014 è stata un’annata difficile che ha costretto ad una produzione molto bassa. Il vino ha ancora un carattere giovane e scalpitante, minerale di gesso, piccole spezie di anice stellato e pepe bianco, agrumi e fiori gialli, sorso ruvido, affilato e veloce. Da attendere con grandi aspettative.
Il 2013 è l’annata dell’abbondanza grazie alla regolarità climatica. Il vino è più disteso ed eloquente, di grande spessore e capacità di coinvolgere.
Il 2012 già dal colore dichiara una leggera ossidazione che al naso si fa sentire nei toni della mela cotogna, è agrumi dolciastri, erbe aromatiche, a tratti piacevole, a tratti lascia certi dubbi. Non ha certo la precisione delle annate precedenti.
Villa Diamante, Fiano di Avellino Vigna della Congregazione
Con fatica Diamante ha raccontato il suo vino e le vigne di famiglia a Montefredane. L’assenza di  Antoine si è fatta sentire ed i suoi grandi Fiano hanno saputo riempire le lunghe pause dovute all’emozione.
Mi sembra riduttivo descrivere le singole annate, ma è importante riconoscere che Antoine sia riuscito nella sua missione di far parlare del Fiano di Montefredane, ben riconoscibile nella sua finezza, nella mineralità che fa sempre da filo conduttore e nell’intento di stringere un patto di grande alleanza con il tempo ed il territorio.
Tre annate interessanti e le 2010 e 2009 hanno fatto vibrare le corde dell’emozionalità.
Come di rito segue la cena, questa volta lo chef ha preparato: risotto di zucca lunga napoletana con pecorino bagnolese e croccante di carciofi; baccalà appena cotto al vapore con pomodorino giallo del Vesuvio; tortino di cioccolato fondente e castagne con gelato di zucca all’anice stellato.