Grand Corbin Despagne, un Saint-Émilion classico

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Tra le famiglie storicamente legate al nome di Saint-Émilion c’è da annoverare quella dei Despagne. Le tracce risalgono fino all’inizio del XVII secolo, ma la storia più direttamente collegata al mondo vinicolo inizia nel 1789 con la nascita di Louis Despagne. Fu mezzadro a Cheval Blanc, ed abitò poco lontano, in località Corbin, dove acquistò anche le prime parcelle di vigna. È così che si origina il cru Grand-Corbin Despagne, che prende ufficialmente il suo nome alla fine del XIX secolo. Nel 1954, in occasione della prima classificazione del territorio di Saint-Émilion, lo château ottiene lo status di Grand Cru Classé.

Non è una cantina tra quelle al vertice della denominazione, ma si tratta di un cru decisamente sottovalutato anche per la sua regolarità nel corso degli anni e per l’eccellente attitudine all’invecchiamento. E, cosa non secondaria, ha un prezzo di uscita molto ragionevole, che ne fa uno degli affari più interessanti di tutta la regione.

Il suolo è formato da argille e sabbie di vario spessore, con blocchi di argille blu e grigie ricchi di ferro. È questo un suolo freddo molto propizio al merlot, siamo praticamente al confine di Pomerol, conosciuto per originare i più grandi vini a base di merlot che si conoscano. Le viti provengono in gran parte da selezioni massali di piante del 1910-1920, in particolare per il cabernet franc. Sono ben 53 parcelle con circa il 75% di merlot, un 24% di cabernet franc e un piccolo 1% di cabernet sauvignon. Dopo anni di sperimentazioni il vigneto è passato in coltura biologica dal 2013, con anche il ricorso a tecniche biodinamiche a rinforzo. Le vinificazioni sono classiche: vendemmia manuale con selezione dei grappoli in vigna e in cantina, fermentazioni in vasche di cemento e inox con macerazioni variabili tra venti e trenta giorni, sosta in barriques nuove per il 40% per dodici-diciotto mesi. Lo stile è lontano dalle tentazioni più moderniste: si cercano l’equilibrio e l’eleganza piuttosto che la concentrazione e il tannino. Se il merlot apporta rotondità, il cabernet franc conferisce eleganza e speziatura all’insieme. I legni sono forniti da tonnelliers principalmente dalla Borgogna, e questo comporta una minore cessione di tannino e una presenza meno invasiva di note di tostatura.

Ho avuto la fortuna di assaggiare alcune annate del Saint-Émilion Grand Cru Classé di Château Grand Corbin-Despagne in compagnia di François Despagne, attuale proprietario e vinificatore. Di seguito i miei appunti.

2012. Impressione di annata meno complessa ma molto classica. Il naso fatica a trovare l’equilibrio, il legno non è ancora totalmente assorbito e servirà del tempo. Nota terrosa e di pino, il frutto rimane in secondo piano. Si apprezza la finezza del tannino. Manca però un po’ di charme, sembra al momento limitato nella sua espressione. (85/100)

2011. Ancora un vino molto giovane, vinoso e semplice. Questa volta il legno sembra più discreto e non si nota. La nota più evidente è di frutta acidula, come il lampone, il che lo rende piacevole e più pronto del 2012. Ancora un millesimo classico, il tannino è presente ma non asciuga, si è raggiunto un eccellente equilibrio nelle componenti. Finale di ciliegia e spezie, un profilo classico che ricorda i vini di qualche decennio fa, senza la ricerca di concentrazione di molti altri produttori contemporanei. (88/100)

2010. Qui è evidente un senso di potenza figlio di un millesimo importante. Liquirizia, cassis, balsamico e minerale. Fresco e profondo, con un pizzico di volatile che non guasta nell’insieme. Sembra poter andare più lontano del 2009. L’eccellenza la trova al palato, veramente completo, ricco di tannini maturi e vellutati e con una profondità che conduce ad un effetto “coda di pavone”. Ritorni di tartufo, nocciòlo di cliegia e frutta. Già piuttosto aperto, avrà comunque molti decenni di vita. (93/100)

2009. Polvere di caffè e note tostate annunciano un liquido più potente ed alcolico che non manca di materia. Frutta nera, aromi mediterranei di olive nere, ciliegia e caramello. Setoso e fruttato, tannino con una grana più grossa rispetto al 2010, cui spesso viene paragonato. Un vino sul filo del rasoio, al limite dell’ossidazione per via della grande maturità. Termina salino e potente, senza però la profondità del 2010. (89/100)

2005. Sembra di entrare in cucina quando si sta cucinando una crostata di frutta. Attraversa una fase difficile e si apre su notre di terra umida e balsamiche. Aromi di carne, cassis. Si ripropongono le sensazioni terrose con dei tannini che ricordano per spessore quelli del 2009. Una bottiglia che sembra avere più eleganza e potenziale della precedente. (91/100)

2004. Austero e riservato. Un vino figlio di una annata difficile che ha costretto a scelte drastiche nella selezione. Molto tannico, al limite dello scomposto, gli manca la continuità dei migliori. Il finale è zuccheroso, una annata complicata che al momento non si presenta nel migliore dei modi. Da attendere almeno dieci anni, ma non credo che sarà in grado aggirare i suoi punti deboli. (83/100)

2000. Potente ed alcolico, molto aperto, note evidenti di tartufo, fiori secchi, tabacco, cuoio. In bocca invece si presenta più fine e discreto, con un tannino serio ma non asciugante. Il legno è stato usato con grande discrezione. Note di animale, di sigaro e minerali nel finale. Una bottiglia seria che si può lasciare qualche anno in cantina con la sicurezza di trovarla sempre in forma. (91/100)

1998. Un colore particolarmente leggero. Naso che vira verso il terziario e ricorda il tartufo, la terra umida, un frutto old style che riconcilia con i vini di Bordeaux. Un portamento nobile, classico ed elegante, tannino leggero che nel finale si fa più presente. Una versione profonda e di notevole persistenza, a tratti ci porta in Borgogna per la delicatezza del palato. Il vino con la migliore beva della serie e che finisce su note fumé e di pan di Spagna. (92/100)

Consiglio a chi pensa che i Bordeaux siano tutti uguali di avvicinarsi a questo cru. Troverete molte cose dimenticate e perse nella affannosa ricerca del vino potente e muscolare, tannico e legnoso. Mi ripeto, siamo in pieno classicismo, con un tocco moderno ed attuale che rende il tutto più gradevole e di facile approccio. Non siamo quindi obbligati ad aspettare quaranta anni per farci del piacere, direi che venti anni sono più che sufficienti per godere di un vino territoriale ed espressivo, in più offerto a costi davvero ragionevoli.