E Franz Haas passò integralmente al tappo a vite

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La notizia è arrivata durante l’ultima edizione del Vinitaly, ma non è certo frutto di un colpo di testa. La notizia è che Franz Haas, campione dei vini altoatesini e soprattutto del Pinot Nero, è passato quasi integralmente al tappo a vite, incluso il Pinot Nero della linea “classica”. La cosa è stata definita una “scelta epocale, ponderata in vent’anni di prove e confronti”. Vere entrambe le affermazioni.

La scelta è davvero di quelle che fanno epoca, perché i vini di Franz Haas e, ripeto e sottolineo, soprattutto il suo Pinot Nero (lo Schweizer in particolare), sfidano tranquillamente il tempo, e pensare in Italia di mettere sotto capsula a vite vini da invecchiamento è ancora vista, sbagliando, come un’offesa alla sacrale (e sciocca) religiosità del rito della stappatura. Ma non è una scelta nata ieri, perché realmente Franz Haas ci sta riflettendo sopra da anni e anni, e ci sta sperimentando. Finché evidentemente la supremazia della chiusura a vite gli è parsa indiscutibile.

La notizia del definitivo passaggio al tappo a vite, Franz Haas l’ha data attraverso un video dal testo esemplare (la voce narrante è la sua), curato dalla Plus Communications Trento. Un esempio, intendo, di come si possa e si debba spiegare la motivazione di una scelta del genere.

Lo riporto qui di seguito.

Per tutta la vita ci impegniamo a migliorare continuamente il gusto il profumo e il colore dei nostri vini. Per questo da oltre vent’anni a questa parte abbiamo iniziato a interrogarci sull’opportunità di continuare a usare il tappo in sughero.

La qualità di questa materia purtroppo non è più quella di una volta ed il suo utilizzo comporta sempre più frequenti alterazioni nel gusto e nel profumo del nostro prodotto, con il rilascio di sentori che modificano negativamente il vino.

Dal 1996 abbiamo iniziato a studiare tutte le possibili chiusure alternative.

Viaggi, assaggi, confronti con i migliori viticoltori del mondo e soprattutto degustazioni incrociate su diversi imbottigliamenti paralleli per ogni annata.

Tutto questo ci ha portati ad una nuova consapevolezza. Il nostro vino riceve tutto quello di cui ha bisogno in ogni fase della sua lavorazione, dalla vite fino al suo ingresso in bottiglia, quando è pronto a dare il meglio di sé. A quel punto l’ho semplicemente protetto il meglio possibile da ogni interferenza esterna. Per questo ho scelto il tappo a vite. Perché tutto il nostro lavoro, i giorni e le notti che dedichiamo alla campagna ed alla cantina, si concludano con un vino all’altezza del nostro impegno, delle nostre e delle vostre aspettative.

Questo è il mio  cerchio perfetto, dalle viti fino all’ultimo giro di vite.

Testimonio personalmente la profondità temporale di questa sua ricerca. Fu infatti nel 2010 (e sono un bel po’ di anni ormai nella storia delle chiusure alternative) che ebbi occasione di testare e di confrontare, da lui, in cantina, il suo Schweizer tappato col sughero e con la vite.

Riporto quel che scrissi allora.

Gli Schweizer del 2007, quello a vite e quello nel sughero. Assaggiati senza sapere quale fosse la chiusura. Sono lo stesso vino – esattamente lo stesso lotto, insisto -, ma sembrano diversissimi.

Alto Adige Pinot Nero Schweizer 2007 campione n. 1
Bel colore, brillante, pinoteggiante. Al naso è del tutto varietale, pulito. Ti aspetti un vino che abbia bella beva e infatti in bocca eccolo fresco, sapido, nervosissimo. Da attendere per chi vuole che gli spigoli si smussino, ma certamente del tutto bevibile già da subito.

Alto Adige Pinot Nero Schweizer 2007 campione n. 2
Il colore ricorda il primo, ma il naso è più chiuso, sulle note del pepe, anche se la varietalità l’avverti. S’apre lentamente verso il piccolo frutto maturo. In bocca è un bel confronto fra materia e freschezza. A tratti ha vene erbacee, a riprova della giovinezza. Da aspettare.

Franz ci chiede quale sia il vino in sughero e quello a vite. Dico che il primo è in sughero e il secondo in Stelvin, ché il primo è più pronto, più immediato (e dunque, a mio avviso, a costo d’essere smentito dalla scienza, quello che ha comunque avuto un’ossigenazione post imbottigliamento). C’indovino. Dico anche che se volessi uno dei due da bere subito, scelgo il primo, mentre l’altro lo metterei più volentieri a riposare in cantina.

 

Ecco, così era allora, con l’annata 2007 provata nel 2010. Adesso la scelta è compiuta: solo tappo a vite, d’ora innanzi, per quasi tutta la produzione.

Bravo, Franz Haas, bravo.

Spero che altri trovino il coraggio (e la saggezza) di seguirlo.

A proposito, se usate Facebook, il video lo potete vedere sulla pagina di Plus Communications Trento, e il link riportato qui davanti è attivo.


1 comment

  1. MartinLutherKing

    Scelta coraggiosa, niente da dire sul vino che è ottimo, e neanche sulla qualità del tappo a vite, ma è buono solo x l’export, in Italia non piace quasi a nessuno

    E definire sciocco il rito della stappatura mi pare esagerato, il vino è anche emozione e specie in bottiglie che non costano 10 € svitare quel tappo sa molto di discount..

    Forse F.H. può permetterselo essendo al top, come lo ha fatto Hermann con il Vintage Tunina in Friuli, ma il vino non va solo nel bicchiere dei sommelier.. va venduto.. e su uno scaffale di un negozio il tappo a vite non attira

    Forse x i giovani sarà diverso, ma x chi si è abituato a “stappare” è uno scoglio difficile da superare quando si mette una bottiglia su una tavola

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