Filosofando su vino e fortuna

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Riflettevo qualche giorno fa sulla fortuna di vivere su un pianeta che, tra le migliaia di miliardi di miliardi di pianeti esistenti nell’universo, accoglie insieme la specie umana, cui appartengo, e la vitis vinifera, che ci dà l’uva, e che l’interazione tra uomo ed uva consente qui, proprio qui, in quest’angolo infinitesimale dell’universo, di avere il vino, da cui traggo personale piacere.
Ma non è solo questa la fortuna occorsa a un uomo sul nostro microscopico angolo di universo.
Io per esempio mi sento fortunato perché qui abbiamo le ostriche.
Abbiamo anche la mortadella.
Il gin.
Le ciliegie.
Le castagne.
Le alici.
La colatura di alici, anche.
I gamberi.
Le varie specie di gamberi, a dire il vero.
Il cioccolato, come non pensare di essere fortunati avendo il cioccolato?
Gli spaghetti, oh gli spaghetti!
Anche il pane, quello buono.
La pizza, però la margherita.
Il pomodoro, quello che matura al sole, d’estate.
Le pesche, adoro le pesche.
Il prosciutto crudo, nelle sue diverse origini, non vivrei senza.
I formaggi, farne un elenco sarebbe impresa lunga.
La birra.
Il peperoncino, quello piccante.
Le mandorle.
Le nocciole.
Anche le noci.
Eccetera.
Tutto questo nasce dall’interazione della nostra specie con altre specie vegetali o animali.
Pensa se qualcuna di queste specie per una diversa combinazione della casualità dell’universo si fosse formata ed evoluta su un altro pianeta fra le migliaia di miliardi di miliardi che ne esistono, e quindi fra le migliaia di miliardi di miliardi di possibilità diverse.
Sì, siamo fortunati di stare qui, ora.