Fate il vino che volete fare voi

vino_rosso_ombra_calice_400

“Fate il vino che volete fare voi”. Mi piace quest’esortazione rivolta ai giovani che fanno vino. A dirla, in un’intervista alla Revue du Vin de France, è stato Alain Graillot, grande interprete del vino francese, vigneron a Crozes-Hermitage. Per chi non lo conoscesse, riporto la definizione che su Enogea diede qualche anno fa Francesco Falcone del vino che Graillot ha stappato questa volta per i suoi intervistatori francesi: “Un vino indimenticabile, di quelli che una volta terminata la bottiglia, fatichi a fartene una ragione”. Ecco, mi pare sia chiaro il valore di questo signore settantaquattrenne (per inciso, il vino in questione è il Crozes-Hermitage La Guiraude 2009).

Dicevo che la sua esortazione mi piace un sacco. E me ne ha fatta tornare in mente una simile rivolta otto anni fa ai vignaioli italiani da Carlo Petrini. “Fate il vino come piace a voi”, aveva detto. Più estesamente, “fate il vino come piace a voi, alle vostre famiglie, ai vostri figli, alle economie dei vostri territori. E, tutto questo, è ben più importante di ogni valutazione al mondo!”

Scrissi allora (l’articolo lo si trova negli archivi di InternetGourmet) che si trattava di parole sacrosante, che se ascoltate avrebbero potuto segnare – finalmente – la svolta. E la svolta può passare solo da qui, da una presa di coscienza dei vignaioli. Perché tornino, soprattutto, a fare il “loro” vino. Credendoci, seguitando a crederci anche quando pare che il “mercato” vada verso tutt’altra direzione. Restando sempre fedeli al territorio, alla cultura d’una comunità, al senso d’appartenenza. Insomma, al proprio terroir, che è fatto di terra, di vigna, di clima, certo, ma soprattutto di donne e di uomini, di scienza e di coscienza.

Che si torni a far vino che sappia a suo modo parlare di territori, di persone, di storie, di sentimenti, di tradizioni, di emozioni, di sacrifici, di gioie, di dolori, d’umanità, così auspicavo. Così torno ad auspicare oggi. Così farò sempre. “Fate il vino come piace a voi” è l’ammonimento che – unico – può portare all’esaltazione autentica del terroir, che è prima di tutto passione, orgoglio, vita e poi (poi) anche altri saperi e requisiti naturali e tecnici. La penso così. Incorreggibilmente.