Diventeremo tutti bevitori di etichette?

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Si potrebbe dire che i social media ci stanno facendo diventare bevitori di etichette. Sui social media quel che conta è l’immagine, e l’etichetta è l’immagine.

L’ha scritto Andrew Jefford su Decanter. “Are you a label drinker?” chiede il titolo del suo articolo, sei un bevitore di etichette? Certo, è estremizzata come opinione, quella che ho riportato qui sopra, ma per far discutere un po’ occorre estremizzare, e su questa cosa bisogna davvero rifletterci.

Perché, sì, se si fa il giro dei social, e soprattutto di Instagram, c’è sempre più gente che pubblica foto di etichette di vini. Solo etichette, tutt’al più selfie con la bottiglia in mano. Praticamente senza commenti. Semmai appena il nome del vino e un sacco di hashtag di tendenza per attirare visualizzazioni. Se quel vino lo si è trovato buono o cattivo, se ha saputo raccontare una storia o un terroir, be’, inutile andare a cercarlo scritto sotto la foto: non c’è, e forse compare appena una frasetta di circostanza.

Sembrano quasi album delle figurine. Tante, tante etichette, magari di vini costosi, perfino iconici. Perché se hai fotografato la bottiglia del vino che vale un sacco di soldi e che gode di celebrità planetaria attiri visualizzazioni e follower e magari anche qualche wow!

Dunque è questo il futuro della narrazione del vino? Saremmo messi piuttosto male, ammettiamolo, se questo fosse il destino che ci aspetta. “Ce l’ho, ce l’ho, mi manca” era roba da figurine Panini. Però oggi il mondo va così, e se vuoi fare l’influencer, visto che fa tanto chic dire che si è degli influencer, be’, la regola è questa: trasformarsi in bevitori di etichette. Che se poi il vino neppure l’hai assaggiato, tanto fa lo stesso (e i produttori sono contenti lo stesso, perché anche per loro comparire, esporre il brand, conta un bel po’, a quanto pare).


5 comments

  1. patrizia

    Analisi condivisibile e aggravata dal fatto che le aziende stesse sostengono blogger e influencer piuttosto che investire su una comunicazione professionale e soprattutto sulla formazione della rete vendita e dei consumatori.

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Totalmente d’accordo. Di fatto, si pongo obiettivi di brevissimo periodo e non di medio-lungo.

  3. Claudio

    A mio avviso non si può fare di tutta l’erba un fascio. Onestamente mi sembra un’analisi un po’ approssimativa visto che vi sono persone molto serie anche nel reparto social.
    Personalmente seguo persone molto preparate ed appassionate, che utilizzano un metodo differente di comunicare, ma che non è di certo superficiale. Anzi, la passione per ciò che fanno è palpabile, e soprattutto ciò che il produttore vuol trasmettere al pubblico, loro sono in grado di sintetizzarlo in poche righe, con un’immagine e/o con un breve video. Ed è ciò che vuole l’azienda non dimentichiamocelo.
    Sì la comunicazione professionale è altra cosa ma non capisco perché una debba escludere l’altra! Secondo me per una piccola media azienda può essere un primo approccio per farsi conoscere, certo scegliendo seriamente a chi affidarsi (vedi sopra). Poi in ogni settore ci sono i furbi e chi cerca di cavalcare l’onda, ma se non sei preparato i numeri lo dimostreranno.
    Concludo dicendo che se stessimo parlando di una copertina di un libro anziché dell’etichetta di una bottiglia diremmo che senza dubbio si tratta di un bel libro visto che lo leggono tutti su Instagram e ci verrebbe voglia di leggerlo. Col vino è così sbagliato pensare la stessa cosa?

  4. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Giusto e sbagliato sono concetti di ordine morale, non attengono all’argomento. Piuttosto chiediamoci se sia efficace o no. Io ritengo sia efficace se il vino viene considerato come un qualunque altro prodotto industriale, e per certi vini dunque lo è. Per altri per nulla.

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