In difesa del ghiaccio nel rosé

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Leggo e sento di tanto in tanto di chi, dopo una sortita in Costa Azzurra, esprime sdegno per aver visto mettere il ghiaccio nel rosé. Si usa, da quelle parti, ma fra gl’italiani c’è chi se ne scandalizza, argomentando che si tratta di un affronto alla fatica del vignaiolo.

Io sono per la libertà di ghiaccio nel rosé. In spiaggia o al momento dell’aperitivo o per una sosta in un bar, perché no? Che cosa c’è di male nel concedersi un momento di assoluta, rinfrescante piacevolezza con un calice di rosé nel quale vengono tuffati due o tre cubetti di ghiaccio? È piacere, appunto, semplice piacere, e il rosé si presta a questo genere di piacere.

Si dirà che c’è diluizione del vino. E allora?

Dalle mie parti, nel Veneto, d’estate si è sempre bevuto lo spritz, che non era la miscela rosso-aranciata di oggi, bensì vino bianco, acqua ghiacciata e una scorzetta di limone. Senza scandalizzare nessuno, senza che nessuno si scandalizzasse (e si continua a farlo).

Addirittura, c’è chi sostiene che i vini d’oggi, più elevati in tenore alcolico rispetto al passato, si godano meglio se si diluiscono. Lo affermano certi bevitori britannici di vecchia scuola a proposito dei rossi di Bordeaux, ad esempio. Con la moderna viticoltura la gradazione media è cresciuta, e dunque un goccio d’acqua nel calice la riporta a livelli accettabili.

Non c’è poi l’abitudine di far seguire un sorso d’acqua a uno di Scotch whisky per apprezzarne al meglio gli aromi? E, restando in Francia, non si versa l’acqua ghiacciata nel Pastis o nel Pernod per sviluppare il profumo dell’anice? Si lede il lavoro dei distillatori in questa maniera? Certo che no.

Lasciamo che chi vuole si goda il suo rosé col ghiaccio e magari cerchiamo di essere un po’ meno seriosi, per quel che concerne il vino. Soprattutto d’estate, in spiaggia, sul lungomare, a bordo piscina, quando ci rilassiamo. Davanti a un tramonto infuocato. Cin cin, col ghiaccio che tintinna dentro al calice. Di rosé.


2 comments

  1. Francesco Bonfio

    Signor Peretti, buonasera.
    Tutti i gusti son gusti.
    Credo però che invitare ad infrangere la regola di non inserire mai ghiaccio nel rosé sia negativo. Mi sfugge anche il motivo. Perché la bottiglia che si intende bere non è giustamente fredda? O, come sembra, per attenuare una alcolicità esagerata, o per il piacere acustico del tintinnìo?
    Intanto, immagino che le stesse argomentazioni da lei elencate possano andare bene anche per i bianchi.
    E poi, Lei ha mai assaggiato l’acqua prodotta dallo scioglimento di un cubetto di ghiaccio? E’ schifosa. Perché devo andare a peggiorare un rosè o un bianco buoni?
    E’ vero che gli scozzesi usano l’acqua fredda ma lo fanno in alternanza per rinfrescare il palato dal calore dell’alcol e per neutralizzarlo in vista del successivo sorso di distillato, non certo per allungare lo stesso. Allungano quasi necessariamente quelli a piena gradazione ma allora questo si fa con acqua di sorgente scozzese non con la nostra acqua del sindaco.
    Lei cita anche i vecchi bevitori britannici i quali affermano una sacrosanta verità. Ma non trova che un vino troppo alcolico sia comunque disarmonico e quindi sia principalmente un problema del produttore che non ha ottenuto l’armonia, da sempre uno degli elementi fondamentali di un buon vino?
    Io non metto ghiaccio nel vino e suggerisco a chiunque mi interpelli di non farlo.
    Le auguro una buona continuazione d’estate.
    Francesco Bonfio

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    La ringrazio della pacata e articolata replica. Tuttavia, faccio presente che in Provenza si producono e si vendono annualmente circa 200 milioni di bottiglie di rosé, il che significa che presumibilmente a berlo saranno centinaia di milioni di persone, le quali non sono tutte esperte di vino, ma trovano gradevole avvicinarsi al vino con il ghiaccio che tintinna dentro al bicchiere e lo rinfresca. Ecco, io preferisco che bevano il rosé e che si avvicinino al vino. Anche in questo modo. Che trovo peraltro anch’io gradevole, fuori dalla tavola.

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