Dieci etichette per conoscere i rossi dello Jura

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Se c’è una regione che nel volgere di un lustro ha conosciuto una autentica rivoluzione, questa è lo Jura. Parliamo di una sottile striscia di terra poco lontana dalla Borgogna, poco più di una cinquantina di chilometri ad est, non molto lontana dalla Svizzera o dall’Italia. In comune con la Borgogna ci sono alcune varietà, lo chardonnay in particolare, ma anche il pinot nero e il gamay.

In effetti i vini più caratteristici sono proprio i bianchi, in particolare quelli a base di savagnin, tra i quali va ricordato il magnifico e inimitabile Vin Jaune. È interessante però notare come anche la varietà rosse autoctone stiano conoscendo un successo planetario, cavalcando l’onda della richiesta pressante di vini bianchi.

I motivi di questo successo sono molteplici. Iniziamo dall’emergere di una generazione di giovani produttori, molti dei quali a tendenza naturale o comunque molto vicini al biologico. Continuiamo poi con la grande originalità dei vini qui prodotti, caratterizzati da molta freschezza, facilità di beva e capacità di evoluzione nel tempo. Possiamo poi terminare ricordando che i prezzi (salvo eccezioni) sono ancora accettabili o addirittura molto bassi rispetto ad altre regioni. Tutti motivi che stanno provocando una autentica rincorsa ad accaparrarsi le bottiglie dei migliori produttori, rapidamente esaurite nelle cantine o riservate ai soli clienti regolari.

Dicevamo delle varietà rosse. Le uve più utilizzate sono quelle autoctone, poulsard (o ploussard) e trousseau. Alle quali si aggiungono, come ricordato più sopra, pinot noir e gamay.

In generale i vini hanno colori scarichi, profumi di frutta fresca, acidità e tannini poco pronunciati, anche per le tecniche di vinificazione adoperate. Tutte caratteristiche che li rendono ideali per la moderna ristorazione o per i bar à vin di mezzo mondo.

Di seguito la degustazione che di recente abbiamo organizzato con il mio fedele gruppo di appassionati. I vini sono in ordine crescente di punteggio.

Domaine de La Tournelle, Arbois L’Uva Arbosiana 2018. Colore leggero leggero. Una piccola evoluzione, fruttino amplificato da una presenza di volatile. Palato croccante, con acidità e senza tannino. Finale di spezie, melograno, pepe rosa e ciliegina. Piacevole ma con ambizioni limitate. (84/100)

Jean Baptiste Menigoz, Ploussard Les Bottes Rouges 2016. Colore simile al precedente. Meno frutto, andiamo verso la terra e le spezie. Sembra quasi un rosato, si fa agrumato, arancia soprattutto. Leggero, ha una bocca sulla fragolina e il nocciolo di ciliegia, termina sulla carne. Una sensazione di amarognolo in chiusura. (86/100)

Vincent Delaporte, Sancerre Maxime Silex 2013. Ho teso una imboscata con questo vino pirate, che è stato facilmente riconosciuto. Colore più denso e scuro. Frutto croccante, si sente l’approccio più tecnico in confronto coi precedenti. Ha però un gran bel frutto, quasi un pinot didascalico. Dinamico e piacevole, termina più tannico e con note di fiori. Ottimo uso del legno. (88/100)

Stéphane Tissot, Arbois Poulsard Vieilles Vignes 2016. Subito ostico, chiuso e ridotto, si apre lentamente. Fumé e animale. Si conferma difficile ed astringente, ha materia ma non riesce ad esprimerla, forse serve tempo. Note di castagna e di uva schiacciata. Attraversa una fase complicata. (88/100)

Julien Labet, Poulsard En Billat 2016. Si apre tranquillamente su aromi di spezie orientali, terra, zenzero. Poi arriva una sensazione di acetica che non aiuta il vino a sviluppare la dovuta complessità. Ha sicuramente carattere, anche se tende ad appesantirsi nel calice. La parte migliore è il palato, setoso e leggiadro. Andrebbe caraffato o aperto il giorno prima. (90/100)

Domaine Pignier, Côtes du Jura Poulsard en Chôné 2011. Il colore è evoluto, sul granato. La riduzione iniziale sparisce dopo poco. Cresce molto nel calice. Fumé, legno nobile, tabacco, caffè, melagrana. Grande presenza in bocca, meraviglioso tocco nel proporre acidità e tannini in perfetto equilibrio. Anche questo poulsard non è tra i più facili, va accolto, ma ricambia con un carattere indomito. Ancora un vino che si rivela al palato. (92/100)

Overnoy, Arbois Pupillin 2015. Colore evoluto. Naso particolarissimo. Sa di radici, terra, humus, tutto accompagnato da presenza di volatile. Poi arrivano la frutta secca, la torba, la prugna e i sentori più animali. Ricorda un whisky scozzese. Il finale vira pericolosamente verso l’ossidazione, ma anche questo fa parte del suo fascino. (92/100)

Ganevat, Côtes du Jura Cuvée de L’Enfant Terrible Vieilles Vignes 2014. Poulsard. Più colorato, ha un frutto carnoso cui si aggiungono fiori, pepe rosa e una marea di spezie. Comunica profondità e carattere. Il palato è straordinario, completo, ricco e vivido. Rischia di passare inosservato perché non esagera e ama restare discreto, dategli del tempo e molta attenzione e vi saprà ricompensare. (93/100)

Domaine Pignier, Côtes du Jura Trousseau Les Gauthières 2016. Il naso più complesso ed espressivo. Ha la complessità del pinot noir abbinata alla leggerezza del gamay. Su tutto una florealità prorompente. Palato complesso, morbido e godurioso, più ricco di tannini. Finale di pompelmo rosa. (94/100)

Domaine Labet, Vin de France Métis 2016. Gamay, trousseau, poulsard, pinot noir. Un elogio della leggerezza. Accanto alle note speziate compare una sensazione marina molto intrigante. Dopo la piccola durezza iniziale causata dalla presenza di carbonica, il vino rivela una spinta formidabile e una lunghezza inaspettata. I tannini sono appena percettibili, quello che colpisce è la sensazione di complessità e finezza, l’assenza di forzature. Finale di erbe, miele, arancio. Accidenti, era la mia unica bottiglia. (95/100)

Per la cronaca il panel alla cieca ha preferito l’Arbois di Overnoy. Io gli ho trovato qualche eccesso di visceralità, avrei preferito più pulizia.


1 comment

  1. Nic Marsél

    Come mi rivedo! Partito alla ricerca del Vin Jaune e tornato più rosso d’amor! Custodisco gelosamente in cantina l’ultima bottiglia di Métis 2016, colpo di fulmine qualche anno fa a Villa Favorita.

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