Degustazione 4.0 prima tappa a Menetou-Salon

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Su queste pagine Angelo Peretti ha affrontato in un paio di articoli la spinosa questione di cosa significhi scrivere di vino in tempi di coronavirus. Non è facile parlare di questa nostra passione quando gli eventi sono così pressanti e tragici. La volontà di andare avanti e di cercare un minimo di conforto nelle cose più quotidiane spero possano aiutare chi per mille ragioni non ha motivo di brindare. Il vino ha questa capacità, unica, di unire e di parlare in modo trasversale a tutti. Credo e spero che questo sia lo spirito che ci anima in queste settimane.

Anche il nostro gruppo storico di degustatori si è posto il problema di come riuscire a discutere del soggetto che più ci appassiona in un periodo nel quale siamo confinati a casa. Senza alcuna volontà di mancare di rispetto a coloro che soffrono, abbiamo pensato che riuscire a vederci, anche se in modo virtuale, potrebbe essere un valido antidoto alla segregazione forzata. Abbiamo quindi provato ad organizzare una prima degustazione virtuale – 4.0 appunto – sulla piattaforma Zoom.

Ognuno ha presentato e commentato un vino del cuore, la prossima volta avremo tutti la stessa bottiglia e ci scambieremo le impressioni nella diversità delle nostre sensibilità.

Permettetemi di aggiungere che la mia scelta è andata su un vino regalatomi da un carissimo amico francese, il Menetou-Salon Les Renardières 2009 di Philippe Gilbert. L’ho scelto anche per dire che ne ho abbastanza di chi continua a vedere nell’altro un nemico, un cattivone che cerca di rubarci la merenda. Il vino ha anche questa facoltà di federare le persone, di parlare a tutti, basta volerlo ascoltare.

La bottiglia è un pinot noir della Loire, prodotto nella denominazione Menetou-Salon. Siamo poco lontani da Sancerre, caratteristica comune è che i bianchi sono a base di sauvignon e i rossi da uve pinot noir. Il suolo calcareo si avvicina molto a quello di Chablis, poco lontano in linea d’aria. Ho voluto poi testare il vino in due bicchieri, uno che potrei definire universale e che usiamo per tutte le nostre degustazioni, e uno specifico per il pinot noir, un Riedel della nuova serie Performance.

Con il primo calice il vino è chiuso e rigido, totalmente austero. Note di polvere e di cuoio, con il legno in evidenza. Palato stretto e tannini parecchio duri. Un vino che si fatica a bere.

Il passaggio al bicchiere specifico è sorprendente, sembra un altro vino. Odora di frutta, fragoline, erbe, rabarbaro, nel complesso un gran naso come ci si attende dalla tipologia e una grande pulizia che prima non c’era. Delicato e ampio, ha dei tannini setosi e vanta una beva travolgente, portata in avanti da un pizzico di volatile. Un’esperienza interessante che aiuta a capire l’importanza del contenitore, specie per alcune categorie di vino.

Appuntamento su queste pagine con la prossima degustazione 4.0, credo andremo in Piemonte.