Cos d’Estournel ’89, da aspettare ancora dieci anni

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Nel dialetto gascone “cos” significa “collina di ciotoli”. Louis Joseph Gaspard Lacoste, marchese di Estournel, ereditò le vigne in località Cos e seppe trarne dei grandi vini che vennero esportati in mezzo mondo. Nel tempo acquisì tre proprietà a Saint-Estèphe e riuscì a qualificare Cos come deuxième grand cru nel famoso classement del 1855. La proprietà ha poi conosciuto vari passaggi, fino a giungere nel 2000 nelle mani dell’industriale francese Michel Reybier.
Il vigneto copre 91 ettari della appellation più a nord del Médoc, e questo ha la sua importanza. Classicamente si coltiva un 60% di cabernet sauvignon assieme a un 40% di merlot. La nuova cantina hi-tech è tra le più performanti al mondo.
I suoli sono abbastanza diversificati, con un dislivello di 20 metri. Moltissimo per il Médoc, terra piatta per eccellenza. Nelle colline a est sono piantati i merlot, con vigne fino a 100 anni di età. I vini sono particolarmente freschi. Nel plateau di grave il suolo è tipicamente drenante ed i risultati sono eccellenti per il cabernet sauvignon.
Al Grand Tasting parigino di Bettane&Desseauve, nel corso di “La Gènie des Millésimes en 9”, ho assaggiato il 1989.
Il 1989 è un anno definito archetipico per Cos, ed esemplare di quello che dovrebbe essere un grande Bordeaux. Che si sostanzia nel grande equilibrio tra potenza ed eleganza.
Il vino è ancora denso e terribilmente giovane. Si trova in una fase di passaggio verso gli aspetti più terziari. Dominano aromi di terra bagnata, rosa passita, affumicatura e cacao amaro. Non è un vino facile, colpisce la sua austerità. Non fa nulla per sembrare ruffiano. Più lungo che largo, conferma anche al palato di essere in un momento di cambiamento e sarà meglio dimenticarlo in cantina per almeno altri 10 anni.
Saint-Estèphe 1989 Château Cos d’Estournel
(92/100)

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