Se chiedi com’è La Poja rispondo che è paradigmatica

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Paradigmatico è un aggettivo che si adopera quando si parla di qualche cosa che fa da esempio, da modello di riferimento. Ecco, è questo l’aggettivo che mi è venuto in mente quand’ho ricevuto l’invito alla verticale di dieci annate de La Poja, un vino rosso “fuori doc” (è un igt Veronese) che gli Allegrini traggono da uno dei più bei vigneti della Valpolicella. Un vino, appunto, esemplare di quel che avrebbe potuto essere la Valpolicella Classica dei cru se i cru fossero stati mappati e si fosse potuto lavorare con la sola corvina veronese (solo di recente il disciplinare l’ha fatta salire al 95%), facendo ricorso non già ad uve appassite, ma semmai in (più o meno intensa) surmaturazione in pianta.

Posso aggiungere? Certo che posso. Aggiungo dunque che è un vino esemplare anche di quel che può essere una strada (una strada, certo, ché l’appassimento è una via già tracciata) per il futuro della Valpolicella.

La Poja è il cucuzzolo de La Grola, che è un colle che sta nel comune di Sant’Ambrogio di Valpolicella e da lì si vede il Garda (e certamente c’è un apporto gardesano nel microclima della collina). Protegge dalle intemperie buona parte della Valpolicella Classica ed è a sua volta protetto verso nord dal monte Pastello.

La Grola venne acquistata nel 1979 da Giovanni Allegrini, che quasi ereticamente per l’epoca decise di piantarci solo corvina veronese, e altrettanto ereticamente dai 2,65 ettari di corvina della Poja si cominciò a tirarci fuori, nel 1983, un rosso che sconvolgeva pressoché tutti i canoni valpolicellesi e che ha costituito in questi decenni una sorta di laboratorio a sé stante nel panorama enoico italiano, inseguendo un’idea originale del fare vino, che poteva tempo per tempo piacere o non piacere – come accade per tutte le cose di questo mondo – ma che ha segnato una strada personale, indubbiamente.

Ovvio che a quella degustazione ci dovevo andare. Così nel calice ne ho avute dieci annate della Poja, e sono dieci annate che rappresentano più di vent’anni di vendemmie, ché si è cominciato col 2010 e si è finito col ’95, e Marilisa e Franco Allegrini hanno fatto da padroni di casa.

Vediamo com’è andata.

2010. Rubino profondo, ed è valpolicellese già dal colore, ed è corvina nei profumi di frutto rosso, tracce officinali, pepe, buccia d’arancia, erbe alpestri. Molto, molto giovane. (88/100)

2009. Agile, scattante, a tratti graffiante. Afrori mediterranei, vene agrumate, frutto croccante, piccantezza pepata. Buonissimo adesso, ha di fronte a sé un potenziale strepitoso. (95/100)

2008. Da quel che posso intuire, sarebbe un buon millesimo anche questo, ma il mio assaggio è oppresso da una deviazione apportata da un tappo un po’ malefico. Peccato.

2006. Salatissimo, e adoro quando la corvina si esprime in sapidità. Ruggine, cannella, terra rossa, tabacco e fruttino succoso. Se fosse meglio integrata la presenza alcolica… (89/100)

2005. Et voilà, la prevalenza del cru. Fu annata complicata il 2005 in Valpolicella, ma La Poja ha giocato la partita vincendola in eleganza. Rosa appassita, spezie, terra, frutto. (91/100)

2004. Starei ore a godermene i profumi. Fruttino, amarena, lampone, e poi erbe officinali, timo, mentuccia. Ondate salmastre, marine. Un vino che affascina, ecco il paradigma. (96/100)

2001. Le spezie più ancora che il frutto, ma la ciliegia matura è avvincente, e sotto una trama di fiori essiccati e il sottobosco e la pepatura. Un rosso in un momento di grazia. (91/100)

2000. Accidenti che integrità che ha il colore! Poi, croccante di ciliegia, pepatissimo, mentuccia, vena balsamica. Un vino che si presenta a strati, compatto, giovanissimo. (93/100)

1997. Se dovessi scegliere un solo aggettivo, direi che è un vino profondo. Oppure fitto. Esemplificativo dell’annata. Grintoso nel frutto e nel tannino, complesso. (90/100)

1995. Qui avrei dovuto alzarmi e applaudire. O forse no, era giusto tacere e gustarsi un piccolo sorso per volta uno dei più grandi vini veneti che abbia mai avuto nel calice. (98/100)

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1 comment

  1. Maurizio Onorato

    Confesso, sono invidioso di chi c’era … un sacco!!!

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