Château de l’Ou, i tesori nascosti del Roussillon

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Non la scopro io, ma la regione del Roussillon è oggi forse una delle più eccitanti zone vinicole d’Europa. Le ragioni sono molteplici. La combinazione di suoli terribilmente vocati, la geografia complessa che in pochi chilometri ti trasporta dalle montagne più scoscese alle sponde del Mediterraneo, la facilità (per il momento) di accedere senza grandi investimenti a vigne anche molto vecchie, il lavoro di vigneron ispirati e liberi di muoversi come meglio credono, la presenza di varietà autoctone perfettamente adattate ai luoghi.

Sono numerose le cantine che vi nascono e vi si sviluppano, accanto ad altre più storiche che non si devono dimenticare. Ho provato a Wine Paris i vini di Château de l’Ou, realtà nata nel 1998 e da sempre adepta dell’agricoltura biologica (sono moltissimi da queste parti i produttori biologici, biodinamici o naturali che dir si voglia). Qui voglio concentrarmi su una serie di loro vin doux naturel, dei Maury per la precisione. Parliamo di vini a base grenache noir, mutizzati con l’alcol e poi invecchiati per un tempo variabile in botti che non vengono colmate. Questa collezione è stata scoperta in occasione dell’acquisto della proprietà e solo oggi sono sul mercato. Il mio consiglio è di cercarli se ci riuscite, non sono certamente a buon mercato, ma la rarità si paga.

Maury 1975. Bel colore aranciato. Al naso domina la pasta di cacao che si accompagna alle spezie, ricorda un vecchio Porto. Frutta sotto spirito e una ossidazione controllata. La spinta alcolica si avverte, pareggiata da una buona definizione del frutto, che si avvicina all’arancia confit. (90/100)

Maury 1965. Qui il colore si avvicina di più al mattone. Naso decisamente espressivo, che vira totalmente sulla parte speziata. Macis, pepe nero, poi cuoio e spezie, a formare quello che i francesi chiamano rancio. Una evoluzione nobile. È dotato di una dinamica tranquilla, non ha strappi, si allarga e diventa padrone del palato senza nessuna pesantezza. Stavolta ci avviciniamo a un vecchio Armagnac. Finale di spezie e con un tannino molto gradevole. (95/100)

Maury 1948. Colore più scuro, anche gli aromi si dirigono verso il cacao, il lampone al cioccolato, per poi presentare la consueta girandola di spezie come ad esempio il curry. Ha una presenza diversa dai precedenti, sembra più largo e languido, sicuramente potente ma meno fine del ’65. (92/100)

Maury 1939. La magia dei grandi vini. Ha un colore leggero, non sembra nemmeno parente del ’48. Qui andiamo verso le ossidazioni di Jerez o dei Vin Jaune, siamo con i piedi nel mare. Aromi di riccio di mare, noce, chiodo di garofano. Una beva straordinaria per complessità e delicatezza, siamo avvolti dal velluto. L’età gli conferisce un’aria decadente che ne accentua ancora di più il carattere. Il più elegante della serie. (98/100)

Maury 1932. Questa volta andiamo verso l’infusione, le erbe, il tè, la genziana, il pepe verde, per terminare con profumi di brezza marina. Ha un naso cangiante che non sembra volersi fermare. Ricco e potente, si rivela grasso e piacione. Non ha l’estravaganza del ’39, rispetto al quale sembra più giovane. Manca un pizzico di genialità, ma siamo sempre ad alto livello. (91/100)

Maury Très Vieux Rancio. Non si conosce l’età del lotto. Probabilmente è una solera che risale al 1920. Qui la stravaganza c’è tutta, iodio, canfora, cuoio, spezie, lacca cinese, cioccolato amaro. Anche stavolta è il palato a dominare, a far comprendere la sostanza del liquido. La sua nota distintiva è la lunghezza, la persistenza infinita che diventa spettacolo. Passano davanti tutte le spezie, l’alcol e l’acidità sono bilanciate come meglio non si potrebbe. Potenza e finezza. (99/100)