Cesanese e Passerina, Alberto Giacobbe ci sa fare

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Al Mercato della Fivi, a Piacenza, sono andato al tavolo di Alberto Giacobbe perché volevo assaggiare il suo Cesanese del Piglio. Non conosco abbastanza i rossi fatti con l’uva del cesanese e mi piaceva provare a farmi una minima idea di un vino di cui avevo sentito parlar bene. Avevo preso impegno con me stesso di assaggiare un solo vino per ciascuna azienda, e nel caso specifico il vino doveva essere solo il Lepanto Riserva.

Poi è successo che mentre chiedevo questo rosso, al banchetto sono arrivate due persone di fila domandando di provare invece la Passerina, che Giacobbe interpreta in due versioni. Non potevo certo evitare di tenere in considerazione la circostanza. Allora ho deciso di tradire le mie buone intenzioni e ho finito per assaggiare i due Cesanese e anche le due etichette di Passerina, bendicendo coloro che mi avevano indotto in tentazione.

Perché i rossi mi sono piaciuti, ma i bianchi ancora di più, uno dei due in particolare. Ma ne parlo meglio qui sotto, sottolineando però fin d’ora che questo è un produttore che sa il fatto suo, e che tutti e quattro gli assaggi sono di valore. Avrei voluto anzi fare acquisti, ma quando sono tornato, nel pomeriggio, il vignaiolo si era dovuto assentare. Peccato.

Intanto aggiungo che le vigne, in tutto una dozzina di ettari suppergiù, stanno dei comuni di Paliano, Piglio e Olevano Romano, fra la provincia di Frosinone e quello che viene pomposamente chiamato il territorio della città metropolitana di Roma Capitale.

Passerina del Frusinate Duchessa 2018. Viene da una vigna quarantenne. Subito, proprio subito propone, sottile e territoriale, quella traccia vulcanica che è propria di molti bianchi della regione. Spezia e acidità vibrante. Sapido. Una sottilissima tannicità finale che lo rende bianco gastronomico. Buono. (87+/100)

Passerina del Frusinate Maddalena 2017. Mi dice Alberto che questo vino lo fa “come una volta”. Fermenta in botte di castagno, macera sulle bucce. Ne viene un bianco che ha un’indole austera e pacata, mi vebberre da dire quasi “da rosso”. Solido, roccioso, materico, secchissimo. Molto, molto buono. (90/100)

Cesanese di Olevano Romano Superiore Giacobbe 2018. Il vino mi si presenta con un tannino molto bello e il fruttino rosso è succoso, con delle tracce di fiori essiccati di karkadè che me lo fanno sembrare quasi rodaniano. Ha beva e insieme anche struttura. Magari mi pare un po’ morbido, ma ci sta. (88/100)

Cesanese del Piglio Superiore Riserva Lepanto 2016. E finalmente ecco il rosso che mi ha portato allo stand, quello di cui avevo sentito parlare. Viene da un vigneto settantenne e si affina in tonneaux. Userei per definire l’aggettivo elegante. Seppure sia ancora giovinetto assai. Tracce balsamiche. Tannino saldo. Sale. (88/100)