Il Cerrati, un Barolo che m’è piaciuto un bel po’

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Non mi sono preso la briga di contarle. Però sul sito del Consorzio di tutela del Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani sta scritto che “la zona del Barolo possiede 181 menzioni geografiche aggiuntive (di cui 11 comunali) approvate con il nuovo disciplinare del 2010”. Ecco, per districarsi tra tutte queste mga (l’acronimo è quello usato, appunto, per menzione geografica aggiuntiva, che è una classificazione più stretta della sottozona, e potrei azzardarmi a dire che rappresenta una sorta di cru nostrano) e conoscerne i caratteri occorre avere profonde radici in Langa oppure essere degli enocartografi seriali come Alessandro Masnaghetti, che infatti ci ha dedicato un lavoro immane.

Alcune di queste menzioni sono notissime e stanno nell’empireo del vino italiano. Altre sono meno conosciute. Probabilmente è colpa mia, che non mi posso dire un esperto barolista, ma credo siano moltissimi altri i bevitori che non hanno mai sentito parlare della mga Cerrati, che sta dentro a Serralunga. Anche perché mi pare che di Barolo Cerrati ce ne sia uno solo (sbaglio?), e io ho avuto la fortuna di averlo nel bicchiere.

Il Cerrati che ho bevuto è quello della Tenuta Cucco. Annata 2012. E l’ho trovato buonissimo.

Passo indietro. La Tenuta Cucco. L’azienda è stata rilavata nel gennaio del 2015 dalla famiglia Rossi Cairo, che era entrata nel business del vino nel 2003, prendendo i suoi primi poderi nella zona del Gavi, dove hanno la cantina La Raia, che è in conduzione biodinamica. Nella neoacquisita azienda barolista hanno cominciato la conversione biologica. Il Barolo Cerrati viene da una vigna di 4 ettari.

Il vino, adesso. E, sì, l’ho già detto, l’ho trovato buonissimo e lo ripeto. Colore nebbiolista, profumi nebbiolisti, sorso nebbiolista, what else? Dunque, fiori appassiti, e fruttino nitidissimo e un tannino vivido (ma non invadente). Sorso serio ma non serioso, irresistibile per me.

Barolo Cerrati 2012 Tenuta Cucco
(94/100)

 

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