Cautiero, bianchista nell’animo, anche quando fa i rossi

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Fulvio Cautiero coltiva la vigna nella Campania interna, nel Sannio, a Frasso Telesino, tra Sant’Agata dei Goti e Solopaca. I vigneti sono sulla pedemontana nord ovest del Taburno, esposti verso le colline casertane. C’è sempre vento, a volte fin troppo. Lontano si intravede il mare, di là della valle del Volturno. Sui terreni argillosi ci coltiva falanghina, greco e fiano e poi piedirosso e aglianico. “Il piedirosso è quello cattivo, perché non arriva che a trenta o quaranta quintali per ettaro”, dice. Il fiano si spinge, nelle annate produttive, a ottanta. Poca cosa.

L’ho sempre considerato un eccellente bianchista, e il suo Fois è normalmente tra i bianchi italiani che più mi piacciono. In questi giorni di segregazione forzata ho cercato di non farmi coinvolgere nella giostra delle degustazioni virtuali, anche perché parlare di vino senza avere nel calice l’oggetto della conversazione non mi pare gran cosa. Quando però mi ha proposto di mandarmi le sue nuove annate in commercio per assaggiarle in contemporanea con altri che avrebbero avuto gli stessi vini di fronte a loro, ho detto subito di sì. Perché il Vinitaly non c’è stato, e una sosta alla sua postazione, seppur fugace, era tra le mie abitudini.

Ho scoperto che Fulvio resta bianchista nell’animo anche quando si cimenta coi vini rossi, e sottolineo che generalmente mi piacciono parecchio i rossi fatti da un bianchista. Non ha tradito le mie aspettative. Ne troverete conferma nelle note che scrivo qui sotto.

Falanghina del Sannio Fois 2019. Uno spettacolo. Giovanissimo, parla di già la lingua del grande bianco e si conferma il fuoriclasse delle stagioni passate. Cristallino, ha tonalità lieve. Compatto e insieme dinamico, e i due caratteri si bilanciano e offrono progressione al sorso. Il sale è irruente, la vena citrina fa da grintoso e stimolante contrappunto al tratteggio del frutto esotico. (93/100)

Campania Greco Trois 2019. Ha colore luminoso e dorato. La varietalità del vitigno si avverte e pure spicca un’affumicatura che è nelle corde dei vini di Fulvio insieme con la vena salmastra, e anzi l’indole appare quasi marina con quella suggestione di alghe seccate, di scoglio. Mette in campo la scorza d’arancia e la mela cotogna. Il finale è asciuttissimo e quasi tannico. (88/100)

Campania Fiano Erba Bianca 2019. Una prova di vasca. Svolge interamente la malolattica e quindi gioca apparentemente la carta della morbidezza. In realtà è come un cotone a trama grossa. Conferma l’imprinting del territorio e lo stile del vignaiolo con quel tratto spiccatamente sapido e la vena fumé. Traccia verdolina e finale di mandorla. Gastronomico, da merenda, da compagnia. (86/100)

Campania Rosso Zerosette17 2017. Un rosso uscito per festeggiare le prime dieci vendemmie. Solo novecento bottiglie. Consiglio di procurarvene una, anche se costa ben più della media dei vini di Fulvio (viene sui venticinque), perché per me è un gioiellino. Piedirosso, aglianico e grappoli di varietà minori dimenticate. Frutto e rosmarino e mirto. Un’eleganza che si esprimerà per anni. (92/100)

Campania Aglianico Donna Candida 2015. Quando dicevo che Fulvio resta bianchista anche quando fa i rossi pensavo a questo aglianico, che ha sì l’alcol e il tannino nerboruto, ma nessuna ferocia, e anzi si impegna alla gentilezza del gigante buono. Il frutto è croccante e si interseca con le memorie di sottobosco, di ginepro. Sa di cenere e di sale. Lo stile dell’uomo e del luogo si avvertono. (90/100)