Cantine sociali, che succede se i tassi risalgono?

cantina_frentana_240

Nel bene e nel male, di cooperazione vinicola si continua a parlare, forse oggi più che mai, anche per la pressione che molti vignaioli medio-piccoli stanno facendo per poter contare di più nei consorzi di tutela, spesso dominati dalla presenza delle cantine sociali, stante l’attuale metodo della rappresentatività.
Leggo ogni tanto anche i pareri più disparati su quel che le cantine sociali “dovrebbero” fare. Su come “dovrebbero” agire. Però poi bisogna fare i conti con la realtà, e la realtà è quella delle risorse disponibili.
È esattamente quel che ha detto il direttore generale di un colosso produttivo come la Cantina di Soave ad un convegno svoltosi in primavera in Abruzzo, alla Cantina Frentana, e le dichiarazioni di Bruno Trentini le apprendo solo ora perché adesso sono usciti in volume digitale gli atti di quel convegno, che era coordinato da Maurizio Gily.
Ha detto dunque Trentini che “le idee possono essere buone, ma per realizzarle servono le risorse finanziarie, e queste possono derivare da gestioni accurate che generano utili o da capitali investiti dai soci con gli aumenti di capitale”. Sembra ovvio, ma nella pratica così ovvio non è. Anzi. Al punto che il direttore della Cantina di Soave fa suonare un campanello d’allarme sulla cooperazione vitivinicola italiana. “Sono molto preoccupato – dice – per il basso grado di patrimonializzazione delle cooperative italiane. Se per disgrazia i tassi di interesse bancari, oggi praticamente azzerati, dovessero ricominciare a crescere, credo che metà delle cantine oggi sul mercato si troverebbero in grave difficoltà e molte, che già lo sono, sarebbero costrette a chiudere”.
Da meditarci sopra. Soprattutto da parte di chi pontifica a sproposito di economia e finanza sui social e perfino nei luoghi della politica.
Chi volesse il volumetto del convegno può scaricarlo dal sito di Millevigne, di cui Maurizio Gily è direttore.


1 comment

  1. Andrea Tibaldi

    È la prima volta dal dopoguerra che i tassi sono così bassi. Una situazione assolutamente atipica e mai sperimentata, e tutt’altro che positiva, perché in economia il vantaggio di qualcuno (nella fattispecie di chi prende in prestito denaro), è sempre lo svantaggio di qualcun’altro (per esempio di chi lo presta, questo denaro).
    Sorge spontanea una domanda: ma queste cooperative, solo fino a 4-5 anni fa, quando i tassi erano normali o addirittura alti, come facevano a stare in piedi? Cosa è cambiato in questi 5 anni? Chi ha determinato il fatto che oggi possano stare in piedi solo grazie ai tassi a zero?
    È ovvio che i tassi non saranno per sempre così bassi, e questa non sarà di certo una disgrazia… Per certi versi lo è che lo siano oggi. E non sto a spiegare perché: non vorrei sembrare uno di quelli che “pontifica a sproposito di economia e finanza sui social”.

Non è possibile commentare