Brexit? What Brexit? (Le conseguenze per il vino)

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Permettetemi la citazione distorta di un lp (quando uscì non c’erano ancora i cd, per fortuna) del gruppo inglese dei Supertramp, il cui titolo era “Crisis? What Crisis?”
Ebbene, si dice: “Brexit? What Brexit?” Una frase non casuale, che ben incornicia il grosso dilemma della Brexit. Mi starò sbagliando, ma ho l’impressione che nel nostro piccolo mondo del vino si stia cercando di evitare la questione. Con l’effetto che si ha quando si nasconde la polvere sotto il tappeto. Prima o poi ci farà starnutire e ci accorgeremo che non l’abbiamo eliminata. È rimasta sempre lì.
Mike Veseth nel suo blog The Wine Economist tenta di ricordarci che qualche conseguenza ci dovrà pure essere a seguito del referendum del Regno Unito. E gli effetti iniziano sul serio a farsi sentire. Ne parla in un suo pezzo titolato “Brexit Means Brexit (But What Does It Mean for Global Wine Markets?)“, che vi invito a leggere.
Partiamo dal fatto che nessuno al momento è in grado di dire cosa accadrà a seguito dei negoziati per l’uscita dell’Inghilterra dall’Unione europea. Ci saranno decine di trattati da scrivere, e non è detto che le cose andranno nel migliore dei modi. Ognuno di questi trattati dovrà essere approvato dagli Stati membri. L’unica certezza che abbiamo è che sarà quasi impossibile che tutti concordino sui contenuti, con le conseguenze che facilmente possiamo immaginare.
Se gli analisti economici affermano che la Brexit avrà importanti conseguenze per il mercato inglese, poche per quello europeo e quasi nulle per quello mondiale, è pur vero che sarà necessario distinguere questi effetti a seconda del settore che vogliamo prendere in considerazione. Tra i mercati che sicuramente saranno colpiti c’è quello del vino. Questa è una delle poche certezze.
Il Regno Unito è il secondo mercato al mondo per l’importazione di vini imbottigliati, poco distante dagli Stati Uniti, e di gran lunga davanti alla Cina, che però si avvicina in termini di valore (a conferma dell’estrema competitività del mercato inglese, croce e delizia di tanti produttori). Per molti questo è il mercato principale, anche per la maggiore facilità di ingresso rispetto ad esempio agli Stati Uniti o alla Cina.
Credo che a questo punto abbiate capito quanto delicato sia il momento per il mercato globale del vino. Se il secondo compratore di vino al mondo cambia totalmente le regole del gioco, tutti ne subiranno le conseguenze.
Veseth parla di un effetto cubo di Rubik: anche se cambia un solo lato, tutto il resto non sarà più lo stesso. I mercati sono interconnessi e un grande produttore che dovesse perdere quote in Inghilterra, dovrà per forza rivolgersi verso altri lidi, spostando gli equilibri ad esempio in Cina, dove avrà una politica di vendita più aggressiva per recuperare i volumi persi altrove. E così via, come in un domino.
Sulla base dei numeri acquisiti, le nazioni che subiranno le maggiori conseguenze saranno Francia, Italia, Spagna, Cile e Nuova Zelanda. Cioè coloro che oggi sono i principali esportatori. Siamo in prima fila in questo ideale cubo di Rubik: saremo i primi a vederci spostare di posizione.
Veseth ricorda infine che, anche se nei fatti non c’è ancora stata Brexit, l’andamento dei cambi della sterlina nei confronti di dollaro ed euro ha già iniziato a produrre delle conseguenze. La caduta della moneta britannica significa costi più alti per l’importazione di vini (o riduzione dei margini dei produttori, già magrissimi), e conseguente aumento dell’inflazione. I prezzi dei vini hanno già iniziato ad aumentare, e quando gli stock saranno definitivamente esauriti, l’aumento sarà ancora più percepibile. Sappiamo cosa succede in questo caso: caduta delle vendite, ricerca di prodotti meno cari, negoziazioni più serrate con i fornitori, aumento di bevande concorrenti come ad esempio la birra.
E non sappiamo ancora cosa succederà veramente quando l’uscita sarà reale. Siamo solo alle prime avvisaglie di tempesta.
Siamo preparati a tutto questo?


1 comment

  1. Andrea Tibaldi

    Piccola analisi da profano, che tuttavia aveva previsto che UK non sarebbe andato alla deriva nell’oceano, e no, non ci sarebbe stata una terza guerra mondiale e che no, UK non sarebbe andata in recessione (nel 2016 è il paese che è cresciuto di più tra quelli dell’OCSE).
    Gli inglesi vorranno ancora bere prosecco, altri vini italiani e vini francesi. Costeranno il 15% in più? Come sempre accade, sempre è accaduto, e sempra accadrà, a fronte di una svalutazione si ridurranno i profitti da un lato, e si accetterà un aumento di prezzi dall’altro.
    Chi pensa che siano i trattati a frenare il commercio a mio parere non ha capito come funziona il commercio stesso. Se c’è domanda di vino in UK e c’è la voglia di esportare in Italia, fidatevi che gli accordi commerciali si troveranno, e in fretta, perché è così che funziona il commercio.
    Quindi sì, siamo preparati a tutto questo: c’è l’offerta da una parte, e la domanda dall’altra. Nel commercio, è questo che conta.

    Ultima cosetta: se avessimo la nostra valuta e la Germania la sua, il marco rivaluterebbe di un buon 20% e il nostro vino diventerebbe molto più appetibile per i tedeschi, ergo le nostre esportazioni aumenterebbero alla grande. Ma nessuno si preoccupa di questo… Tutti si preoccupano della sterlina svalutata causa brexit. Mah…

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