Bramaterra, e subito il vino chiama la tavola

bramaterra_ceruti_400

“Ci parli del Bramaterra” potrebbe essere una domanda piuttosto impegnativa all’esame finale di un corso da degustatore. Ammettiamolo, pur storica, non è che quella del Bramaterra sia una delle menzioni più note e di tendenza dell’universo del vino italiano (non me ne vogliano i produttori). Proviene da un lembo di terra che sta fra il Biellese e il Vercellese con uve in prevalenza di nebbiolo (che chiamano anche spanna) e poi di croatina e di uva rara e di vespolina.

Ho avuto modo di bere di recente il Bramaterra 2014 dell’azienda agricola Ceruti Lorenzo (in etichetta è scritto così, cognome e nome, come nelle scuole di una volta, o come a militare), che sta a Sostegno, nel Biellese appunto.

L’ho acquistato perché sempre mi incuriosiscono i rossi del 2014, annata bistrattata e anzi infamata da molti durante la vendemmia, eppure in grado, in alcuni casi, di ridarci vini classicheggianti dopo anni di ottusa infatuazione falso internazionale. Il vino in questione mi è apparso giovanile ancorché leggerino, con bei cenni di fruttino acerbo e di fiori di campo, e un’acidità fin sopra le righe. Comunque capace di adattarsi perfettamente alla tavola, col cibo quotidiano (non è rosso “da degustazione”). Tuttavia, a dire il vero, c’era anche del tannino verde, segno di una maturazione che non si era potuta portare a pienezza, come in alcune zone accadde, infatti, nel 2014.

Pagato 16 euro, ci sta.

Bramaterra 2014 Ceruti Lorenzo
(80/100)

In questo articolo