Il Bandol rosso, perché Bandol non è solo rosé

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Travolti dall’incredibile successo dei rosati, gli altri vini di Provenza faticano a trovare lo spazio che meriterebbero. Tanto che molti vigneron ormai hanno quasi smesso di produrre bianchi e rossi per concentrarsi sul redditizio business del rosé.

Tra i rossi provenzali spicca quello dell’appellation di Bandol, sicuramente il più grande vino di questa macro-regione. Anche qui si è cercato di educare i vini attraverso un uso più disinvolto del legno, macerazioni più corte per vini più disponibili nel breve periodo. L’approccio più tradizionale vede invece l’uso di botti grandi, concentrazioni non eccessive, e vini più in eleganza, pur se dotati di una massa tannica rilevante. L’uso del raspo in vinificazione porta a vini che necessitano di lunghi tempi di affinamento, sia in cantina che presso i consumatori.

L’uva principale, quella che porta ai risultati più evidenti è la mourvèdre. I vini sono colorati, alcolici e dotati di abbondante tannino. Venti anni di riposo in cantina sono necessari per addomesticare i migliori vini ottenuti nel rispetto di questa tradizione. Provate ad esempio un vecchio Château Pradeaux e poi mi direte.

La Cuvée Marylène del Domaine Vigneret resta a metà, si allontana dalla tradizione senza però rinnegarla. Il colore non è troppo scuro, il naso mette insieme calore e freschezza. Ancora giovanissimo, non ha ancora espresso la complessità che arriverà solo col giusto invecchiamento. La parte alcolica domina il palato, rinfrescato da una forte venatura acida. Si fa notare una forte nota metallica di ferro e ruggine, termina su note di erbe mediterranee.

Bandol Cuvée Marylène 2013 Domaine Vigneret
(93/100)