Avete presente Summertime?

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Avete presente Summertime? Sì, la canzone di George Gershwin. Famosissima. Ne hanno inciso, sinora, più di 25 mila versioni. Eppure, non importa chi la canti o chi la suoni, alla fine viene sempre fuori Gershwin. Inevitabilmente, inconfondibilmente. Le tante diverse versioni non fanno altro che confermarlo, una dopo l’altra.
La riflessione non è di un musicologo, bensì di un critico del vino, Matt Kramer, editorialista di Wine Spectator. Lo scrive per spiegare che c’è qualcosa di magico nel ritrovare quel che i francesi chiamano terroir quando si bevono due vini che sono fatti da vignaioli diversi, ma che provengono dalla stessa area, dallo stesso cru. Ecco, se il terroir esiste, allora non può che emergere dentro alle bottiglie che vengono dalla stessa terra, anche se lo stile di quei vini fosse diverso, perché diversa è l’interpretazione che ne offre il singolo produttore. È questo che avvince e affascina, ad esempio, gli appassionati dei vini di Borgogna. “La ‘melodia’ del vigneto è sempre presente, anche se ci perviene in maniera differente, rivelandoci inaspettate profondità e dimensioni”, scrive Kramer. Ha ragione.
È proprio la stessa esperienza che vive chi ascolta certi standard musicali incisi tante e tante volte da tanti e tanti interpreti diversi. Il grande interprete può vestire il brano con un timbro, con una forza espressiva che lo può far sembrare totalmente nuovo. Ma poi emerge Gershwin.