Ancora su Opera Wine

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Ritorno su Opera Wine, la rassegna dei “Finest Italian Wines. 100 Top Great Producers” organizzata da Vinitaly e Wine Spectator in concomitanza con le fiera enoica veronese, dopo aver sfogliato il numero di marzo (l’ultimo che mi è arrivato) della rivista americana. Ci ritorno perché mi è ancora più oscuro il criterio sulla base del quale vengano selezionate le cento aziende e i cento vini top italiani per Opera Wine. Assunto che al palazzo della Gran Guardia di Verona, sede di Opera Wine, ognuna delle cento aziende è stata ammessa con un vino, ho visto che qualcuno dei vini in degustazione aveva ottenuto 90 centesimi di valutazione da Wine Spectator. Ora, 90 centesimi è un buon punteggio, perbacco, ma non mi pare tale da essere immediatamente catapultati nella top 100 italiana. Lo dico perché sugli ultimi due numeri di Wine Spectator che mi sono arrivati (marzo e aprile), di vini italiani da 90 punti in su ce n’è un bel po’.
In marzo erano 67, in aprile altri 71, in tutto 138 – diconsi centotrentotto – vini italiani che hanno ottenuto da 90 centesimi in su. In due soli mesi si è ben oltre quota cento! Facile pensare che se prendiamo in considerazione un intero anno di pubblicazione di Wine Spectator, i vini italiani che si portano a casa l’ambito punteggio over 90 sono svariate centinaia. Dunque, perché solo alcuni vanno a Opera Wine?
Si dirà: “perché sono i migliori”. Be’, se il valore qualitativo deve essere correlato al punteggio, direi che no, non mi pare sia strettamente così: la concorrenza è fittissima da quota 90 in su, e a Opera Wine ci sono anche vini che hanno avuto “solo” (si fa per dire) 90 centesimi. Non capisco.


1 comment

  1. max perbellini

    non lo capiamo in tanti

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