Che ambizioni può nutrire il Vermentino?

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Portus Lvnae, il Porto della Luna, era la colonia che presidiava il limitare dei possedimenti romani, al confine coi Liguri, difficili da sconfiggere, nonostante la flotta schierata proprio lì, alla foce del fiume Magra. Erano e per certi versi sono selvagge le colline che dalla costa salgono verso l’interno – oggi sono chiamate i Colli di Luni, e oltre ci sono le Alpi Apuane, marmifere -, a far da divisione o da collegamento tra la Liguria e la Toscana. La domesticazione dei suoli è avvenuta con la pratica agricola. La coltivazione della vigna e dell’olivo accanto al mare e poi sempre più dentro, dove le pendenze si fanno più aspre, fino ai trecento metri di altitudine, e il castagno ancora più su, all’interno della Lunigiana.

Protagonista dei vigneti è soprattutto la varietà del vermentino. Ne ha numerose vigne la cantina della famiglia Bosoni, che si chiama Lvnae in onore dell’antico porto e che della luna porta in sé – mi verrebbe da dire – quell’indole che attrae il sognatore e forse il visionario. Altrimenti non si spiegano del tutto gli investimenti che vi si stanno facendo per verificare i limiti ai quali il Vermentino, come vino, può tendere.

Le loro vigne i Bosoni le hanno acquisite un poco per volta, arrivando ai sessantacinque ettari attuali, divisi in tante parcelle – alcune sono minuscole e le più grandi comunque non arrivano nemmeno ai tre ettari di estensione -, cui si sommano altri microscopici appezzamenti in affitto agricolo di lunga gittata e i fazzoletti dei molti conferitori, fino a portare il parco vitato totale a un’ottantina di ettari, per il settanta per cento dediti appunto al vermentino. “Questa parcellizzazione ci ha imposto una conoscenza capillare di tutto il territorio” dice Diego Bosoni, che gestisce Lvnae insieme con i genitori e la sorella Debora. È lui che, nel corso di una verticale di varie annate cui ho potuto prender parte, ha raccontato il Vermentino che aspira ad essere un vino capace di sostenere il fluire del tempo, o quanto meno a uscire dalle costrizioni degli stereotipi turistici, che lo vorrebbero relegato al consumo immediatissimo.

Può farcela a reggere il tempo il Vermentino dei Colli di Luni? Alcune prerogative basilari per sfuggire alle insidie dell’immediatezza le ha, e sono la sapidità e la freschezza. C’è chi è convinto – sbagliando, a mio avviso – che a garantire la durata di un vino sia la struttura, il corpo. Per me sono prima di tutto acidità e sale. Il problema è capire quale sia la prospettiva temporale che ci si attende, o alla quale si aspira. Ma qualche cosa, nella serie degli assaggi, è saltato fuori, anche se la comparazione tra i vari vini è piuttosto difficoltosa, non essendo noti – ed essendo anzi cambiati negli anni – i legni di affinamento, le loro provenienze, il livello di toastatura, e poi anche il sughero della chiusura.

In particolare, gli assaggi si sono concentrati soprattutto sul Colli di Luni Vermentino Numero Chiuso, una selezione che proviene da parcelle dei comuni di Luni e Castelnuovo Magra, sui duecentocinquanta metri di altitudine. La prima annata prodotta è stata la 2008 e ora è sul mercato la 2018. Il vino viene vinificato in acciaio e poi affinato in botte di rovere per circa un anno e mezzo e quindi sta nel vetro per un altro anno e mezzo. Insomma, è un Vermentino che esce a tre anni dalla vendemmia, e questo spiega perché ho parlato di indole sognatrice. “Il Numero Chiuso – ha raccontato Diego Bosoni – è un vino cui sono molto legato e cho ho fortemente voluto. Nasce dalla considerazione del valore del tempo, dalla voglia di capire quanto e come il nostro Vermentino può dialogare con il tempo ed evolversi nel tempo”.

Vediamo che cosa ho trovato nei calici.

Colli di Luni Vermentino Numero Chiuso 2018. Non è ancora in commercio. Mi ha attratto la vena ammandorlata che si fonde coi ricordi floreali. Successivamente, tracce di agrumi, di fiore di limone e, sottili, di erbe aromatiche. Un vino “caldo”, accogliente, col sale che ravviva il sorso. (88+/100)

Colli di Luni Vermentino Numero Chiuso 2017. I vignaioli italiani si ricordano bene la primavera del 2017, con quella gelata terribile. I Colli di Luni, però, vennero protetti dalle Alpi Apuane, e ci hanno consegnato un vino di grand’eleganza. Fieno, fiori, limone, susina, e poi il rosmarino. (94/100)

Colli di Luni Vermentino Numero Chiuso 2016. È il sale a sostenere da subito il vino, che nei profumi è invece riottoso a concedersi, ad aprirsi (c’è voluto un innalzamento della temperatura nel calice), come se fosse serrato dal legno. Ha un’indole marina spiccata e ancora il ricordo del rosmarino. (86/100)

Colli di Luni Vermentino Numero Chiuso 2015. Nonostante la presenza, pur lieve, del rovere faccia capolino, il sorso si riscatta d’immediato e prorompe in una freschezza dinamica e nervosa e in un finissimo turbinio di sale e di spezie. Memorie di camomilla e susina, un velo d’incenso. (91/100)

Colli di Luni Vermentino Numero Chiuso 2013. Tra i presenti, c’è chi l’ha ritenuto già evoluto. Per parte mia, invece, l’ho molto gradito e l’ho anzi trovato giovanile. Ha un’avvolgenza netta e persistente di fiori primaverili che contrappunta il calore dell’annata. In più, quella sapidità marina. (90/100)

Colli di Luni Vermentino Numero Chiuso 2011. Ahimè, questo 2011 mi sembra paghi pegno, e non solo all’età, quanto piuttosto alla tecnica, giacché il legno ha il sopravvento e condiziona con la tostatura. Sotto, sì, c’è una fresca nota di limone, ma il vino sembra appannarsi. (79/100)

Colli di Luni Vermentino Etichetta Nera 2010. L’Etichetta Nera è un altro Vermentino di Lvnae, il primo che ebbi modo di bere, parecchi anni fa. Non era fatto per durare, e infatti il tempo ha lasciato il segno, anche se l’acidità resta viva. Però è fascinosa la memoria, più che di mare, di ostrica. (80/100)

Colli di Luni Vermentino Numero Chiuso 2009. Il colore si è fatto dorato e pare denotare l’età. Invece, se al naso è poco espressivo, al palato conserva l’appartenenza marina. Ha il sale, e in frammezzo i limoni. Certo, emerge una qualche burrosità che parla di evoluzione, ma il sorso è gradevole. (86/100)

Colli di Luni Vermentino Numero Chiuso 2008. La prima annata prodotta, e il tempo si avverte. Il colore è di un dorato che vira all’ambrato e il sapore è grasso di burro e ha un che di caramello salato a testimoniare l’evoluzione avanzata. Peraltro, rimane una vena di freschezza. (80/100)

Colli di Luni Vermentino Cavagino 2007. Inaspettato. Si presenta floreale e vagamente aromatico, citrico (ha memorie di erba luigia), tropicaleggiante (la papaya disisdratata, l’ananas molto avanti nella maturazione). Maturo e insieme fresco e iodato. Per certi versi, sorprendente. (86/100)

Occorrerebbe, a questo punto, trarre una sintesi e tentare una risposta sulla prospettiva di evoluzione e di durata del Vermentino dei Colli di Luni. Mancano, come ho detto, alcuni elementi di valutazione, ma direi che la maturazione sino a tutto il 2013 si è mostrata assai soddisfacente e anzi per molti versi avvincente, dimostrando un’evoluzione virtuosa. Così, a mio avviso, chi acquistasse oggi una bottiglia di Numero Chiuso, la potrà godere al suo meglio per sette o otto anni (e dunque una decina dalla vendemmia, visto che il vino esce dopo un triennio). Questo intendo per invecchiamento: non il sopravvivere, ma l’evolvere virtuosamente. Sottolineo inoltre che raramente i vini sono al loro meglio subito dopo l’immissione sul mercato e non c’è vino che non ci guadagni con la pazienza e con l’attesa, fossero anche solo una manciata di mesi. In questo caso, non si tratta di mesi, bensì di anni, il che apre per il Vermentino una prospettiva nuova, di cui ringraziare i Bosoni e la loro capacità di guardare alla luna, lasciandosene sedurre.


2 comments

  1. Lorenzo

    Verticale molto interessante, da questo punto di vista considera con più prospettive di longevità un Vermentino della Liguria rispetto ad uno della Toscana o piuttosto della Sardegna?

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    È mia convinzione che i vini che possono aspirare a durare nel tempo – salvo poi intenderci su quale durata nel tempo – siano quelli caratterizzati da acidità e sapidità. Il vermentino, come vitigno e come collocazione “marina” delle vigne, può avere queste caratteristiche. Per cui non farei una distinzione regionale, ma semmai mi comncentrerei sulla capacità di preservare e mettere in luce le due prerogative menzionate.

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