Alzi la mano chi pensa di vendere bollicine ai messicani

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Seriamente, ditemi chi, fra i produttori italiani di Prosecco, di Franciacorta, di Trento, insomma, di bollicine, ha pensato al Messico come nuova frontiera per l’export. Vorrei sapere chi, se c’è, ha deciso di investire sul Messico una parte, grande o piccola che sia, dei fondi comunitari per la promozione sui mercati internazionali.

Non credo siano molti, ammesso che ce ne siano. Idem per il sostegno all’export bollicinoso verso la Nuova Zelanda e il Sud Africano, suppongo.

Invece i messicani, i neozelandesi e i sudafricani hanno proprio sempre più sete di bollicine, e indovinate quali bevono? Quelle francesi, ovviamente, lo Champagne.

Proprio queste tre sono le destinazioni verso le quali nel 2016 si sono registrati i più significativi incrementi percentuali delle esportazioni di Champagne. Dunque, mercati particolarmente sensibili agli sparkling wines.

Nel 2016 in Messico lo Champagne ha collocato 1,6 milioni di bottiglie, con un incremento del 31% sul 2015. Nella nuova Zelanda le bottiglie vendute sono 700 mila, con una crescita del 29%. In Sud Africa le bottiglie piazzate sono state 900 mila, con uno sviluppo del 22%. Pari percentuale di crescita anche in Russia, che ha importato 1,3 milioni di bottiglie di Champagne, ma di fondi Ocm sulle piazze russe ne spendono un bel po’ anche gli italiani. Interessante il dato della Corea del Sud, che ha comprato 800 mila bottiglie di Champagne, un dato in incremento del 16% rispetto al 2015.

I dati sono quelli del Comité Champagne, rielaborati dal magazine britannico Decanter.

A proposito, l’export champagnista verso il Regno Unito ha collocato 31,2 milioni di bottiglie per un volume d’affari di 440,3 milioni di euro, ma il valore delle vendite dello Champagne sul mercato britannico è sceso del 14%. Primo segnale post Brexit?

Il primo mercato estero dello Champagne restano gli Stati Uniti, con 21,8 milioni di bottiglie, per un valore di 540,1 milioni di euro.

Terzo il Giappone (10.9 milioni di bottiglie), seguito dalla Germania (12,5 milioni) e dall’Italia (6,6 milioni, e anch’io ho dato il mio consistente contributo ai consumi italiani di bolle francesi).

Ma al di là di tutti questi numeri legati alle vendite di Champagne in giro per il mondo, torno alla domanda iniziale: quante sono le aziende italiane che fanno bollicine ad aver pensato al Messico, alla Nuova Zelanda e al Sud Africa come mercati su cui investire con i fondi europei per la promozione?