Addio a Diego Soracco, l’olio italiano gli deve tanto

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È stato facile capirci perché in comune c’erano la testardaggine – la sua e la mia – e il fatto di stare entrambi nelle terre dell’olivo, lui in Liguria, io sul Garda. Mi ha insegnato tantissimo sulla cultura dell’olivo e dell’olio. La stragrande maggioranza di quel che so sull’argomento. Gliene sarò grato per sempre. Oggi che Diego Soracco ci ha lasciati mi prende un groppo in gola.

La notizia l’ha data la redazione di Slow Wine, perché Diego si occupava anche di vino, non solo dell’olio. Mi è arrivata come una pugnalata, via social network, perché è così che funzionano le cose adesso. Non ci vedevamo da tempo, ma ogni volta che mi trovavo e che mi troverò a parlare dell’olio extravergine d’oliva avevo e avrò in mente le sue parole, la sua lezione, che lezione in senso classico non era e non è mai stata. Semmai più una confidenza, un rivelarti le cose come si fa tra amici, col piacere della condivisione.

Diego mi coinvolse nei primi passi della Guida agli Extravergini di Slow Food, di cui era il curatore. A me affidò le terre un po’ più estreme dell’olivo, il Veneto, la Lombardia e il Trentino. Fu un viaggio bellissimo e davvero appassionante a scoprire realtà olearie talvolta microscopiche, ma straordinarie. Si cercava di sviluppare una modalità di divulgazione del mondo olivicolo che potesse dargli futuro, che potesse mettergli addosso un po’ di quella luce che era toccata in sorte al vino. Causa difficile, improba, probabilmente persa in partenza, ma è una di quelle battaglie che adoro combattere, e Diego mi regalò la gioia di giocare la partita accanto a lui.

Ciao, Diego, e grazie. L’olio italiano ti deve tanto. Anch’io.